Numeri ancora in calo per il mais italiano

mais

Calo delle rese (–7%) e delle produzioni (–8%) e nuovo record negativo delle superfici seminate a granella, circa 495.000 ha.
Il confronto tra le campagne 2024/2023 del mais italiano conferma sia lo stato di profonda crisi del comparto, sia l’influsso diretto o indiretto su questa coltura degli andamenti climatici: «nei primi 25 anni di questo secolo (2000-2024) si sono registrati cali pari o superiori al 5% in 10 anni – ha evidenziato Dario Frisio, economista agrario dell’Università di Milano durante il suo intervento alla Giornata del mais organizzata il 24 gennaio dal CREA di Bergamo – mentre nei 40 anni finali dello scorso secolo (1960-1999) i cali hanno raggiunto o superato il 5% solo 5 volte. Sul fronte delle superfici i dati Istat parlano chiaro – ha evidenziato Frisio. La riduzione della superficie a cereali nel decennio 2014-2023 (338.000 ha) è derivata quasi totalmente dal mais (–371.000 ha), solo in parte compensata dall’aumento dell’orzo (58.000 ha). Con tutta probabilità le superfici a mais sono state sostituite dalle oleaginose (soia in Veneto e Friuli, in parte anche in Lombardia) e da foraggere temporanee (Nord Ovest ed Emilia-Romagna)».
Ovviamente questi valori si traducono in un ulteriore peggioramento del tasso di autoapprovvigionamento della granella di mais, inferiore al 44%, e in un aumento dell’import netto superiore alle previsioni: 6,9 milioni di t (invece di 6,7) per un «costo» di 1,5 miliardi di euro (invece di 1,3).

Ricerca e innovazione strade obbligate

«Siamo profondamente convinti come ricercatori che per risollevare le sorti del mais italiano gli strumenti vanno cercati nella ricerca e nell’innovazione» ha detto nel suo intervento Nicola Pecchioni, direttore del CREA-Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali. «Sono molti i progetti e le sperimentazioni in cantiere a livello internazionale – ha evidenziato Pecchioni – come la selezione di ibridi in grado di sopportare semine anticipate anche di un mese rispetto al normale o l’individuazione di landrace (varietà locali) che permetteranno di creare linee di ibridi più resistenti alla siccità.

La sala della Giornata del mais 2025 presso il Kilometro Rosso a Bergamo

Altro ambito di grande interesse sono le radici – ha sottolineato Pecchioni – che vanno “ripensate” a livello genetico nella loro architettura e anche in interazione con microrganismi benefici, in grado di controllare funghi come il Fusarium verticillioides, responsabile della fusariosi del mais».

Ibridi a taglia bassa: ottimi i primi risultati

L’innovazione protagonista della giornata è stato il mais a taglia ridotta, disponibile sul mercato sotto il nome «Preceon – Smart Corn System» a marchio Bayer, che secondo i dati di una ricerca biennale (2023 e 2024) – illustrati da Massimo Blandino del Disafa dell’Università di Torino – hanno evidenziato un aumento di resa decisamente interessante rispetto ai loro omologhi di taglia standard. «Gli ibridi Smart Corn, che sono circa 60 cm più bassi di quelli standard, rientrano nel concetto di “intensificazione sostenibile delle colture”: hanno evidenziato un aumento produttivo in granella di circa il 25% con densità di semina molto alte (12,7 piante/m²), che di conseguenza richiedono una corretta gestione dell’azoto, che va commisurata in quantità adeguate e frazionata».
Gli stessi ibridi Smart Corn testati in insilato per alimentazione delle bovine da latte, in una prova presso il Cerzoo (Centro di ricerca per l’allevamento e l’ambiente) realizzata dall’Università Cattolica di Piacenza, hanno evidenziato un eccellente potenziale «che si è tradotto in un aumento produttivo di 2,4 kg/vacca al giorno (+5,6%) di latte» ha spiegato Antonio Gallo dell’Università Cattolica. Questo risultato va probabilmente ricercato nel fatto che gli animali, nonostante abbiano ingerito meno sostanza secca rispetto a quella degli insilati provenienti dagli ibridi di mais convenzionali, hanno fatto un pasto in più.
Come da tradizione la Giornata del mais si è conclusa con la rassegna dei risultati delle prove nazionali di confronto varietale (pubblicati su L’Informatore Agrario n. 2/2025), informazioni che si confermano sempre più importanti per aiutare i maiscoltori italiani a mitigare gli effetti del cambiamento climatico da una parte e quelli di un mercato sempre più imprevedibile dall’altra.

Lorenzo Andreotti