Circa 590.000 ettari, oltre 400.000 ettari in meno rispetto al 2011. Questi i numeri delle superfici seminate a mais da granella nella scorsa campagna, che segna il minimo storico dopo la timida ripresa del triennio 2018-2020.
A tracciare lo scenario di una coltura che vent’anni fa copriva oltre 1,2 milioni di ettari è stato Dario Frisio, economista agrario dell’Università di Milano, durante la tradizionale Giornata del Mais organizzata dal CREA – Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali di Bergamo.
«Il calo delle superfici si traduce in un ovvio calo delle produzioni e di conseguenza in numeri sempre molto elevati di importazioni di granella estera – ha evidenziato Frisio. Se si conferma il dato Istat che segnala una elevata disponibilità interna di granella, 11,2 milioni di tonnellate, il tasso di autoapprovvigionamento sarebbe del 50%, in linea con gli scorsi anni. È però prevedibile un aumento dell’import netto di mais da granella per il 2021-2022 per un valore di 1,2 milioni di t, il che significa un costo stimabile tra 1,2 e 1,5 milioni di euro».
Sulle prossime semine pesa ovviamente la crisi dei prezzi per i fertilizzanti: «le previsioni della World Bank indicano – ha aggiunto Frisio – che i prezzi di urea e ammoniaca, legati a quelli del gas naturale, dovrebbero riposizionarsi attorno ai 300 dollari/t, ma solo a fine 2022».
Lorenzo Andreotti