Nel 2019 il mais in Italia ha ottenuto risultati tecnico economici estremamente variabili da un areale all’altro: la resa ad ettaro è infatti variata da un minimo di 8,2 t/ha a un massimo di 13,9 t/ha e a farla da padrona nella determinazione della resa sono state le pratiche agronomiche di concimazione ed irrigazione.
In particolare, le rese minori si sono registrate con mais in coltura non irrigua mentre le rese massime con mais irrigato a goccia con fertirrigazione.
Sul fronte dei prezzi non si sono rilevati grandi scostamenti nei diversi areali con un valore medio di 174,53 euro/t.
Sono state rilevate alcune differenze legate a filiere particolari come ad esempio il mais biologico oppure a produzione di varietà particolari quotate con listini differenziati; escludendo questi due casi, la media dei prezzi di vendita si è attestata a 170,21 euro/t.
Questi sono solo alcuni dei dati presenti nel report “I costi di produzione del Mais e i costi dei Centri di essiccazione e stoccaggio” recentemente pubblicato da Ismea, dal quale si evince inoltre che i ricavi da produzione di granella di mais (contributo PAC escluso) variano da un minimo di 1.586 euro/ha in Emilia-Romagna ad un massimo di 2.646 euro/ha in Lombardia nell’azienda biologica con un valore medio dell’intero campione che si attesta a 2.061 euro/ha.
Altri parametri interessanti da considerare sono i costi variabili, che nel report rappresentano in media il 68% della PLV e variano da un minimo di 1.015 euro/ha ad un massimo di 2.032. Nella struttura dei costi variabili occupano una posizione preminente i costi legati alle lavorazioni conto terzi (25% dei costi variabili), i servizi di essiccazione e stoccaggio (16%), i costi per l’acquisto dei concimi e della semente (rispettivamente 19% e 16%).