La campagna 2021 dei cereali a paglia si è chiusa con i prezzi in forte ascesa di tutte le materie prime agricole. Il grano duro in alcune piazze ha superato la soglia di 550 euro/t, valori che non si vedevano dal lontano 2007-2008. Tuttavia, anche i prezzi dei mezzi tecnici e dei prodotti energetici sono saliti vertiginosamente, con un trend di crescita che sembra non arrestarsi: il gasolio fa segnare un aumento del 20-25% rispetto alla precedente campagna, ma è il comparto dei fertilizzanti a preoccupare di più. Da luglio in poi i prezzi sono più che raddoppiati, anche per i prodotti di più largo consumo. L’urea è passata da poco più di 400 euro/t di agosto a oltre 900 euro/t alla fine di novembre. La stessa sorte è toccata al nitrato ammonico, che è partito da un livello ancora più basso.
Questa situazione è stata vantaggiosa per i produttori in occasione del raccolto 2021, dal momento che si è seminato e coltivato in condizioni di costi bassi (sia per i carburanti sia per i concimi), mentre nel momento della raccolta i prezzi delle granelle si sono alzati. Tuttavia, il fenomeno rischia di ribaltarsi completamente nella campagna in corso, dal momento che i costi delle materie prime sono alle stelle, mentre c’è una forte incognita sul prezzo che i cereali avranno alla raccolta, grazie al fenomeno della volatilità dei prezzi (così come è successo nel 2009).
Cosa fare? Molti agricoltori di fronte a questa situazione si sono chiesti se sia il caso di procedere con le semine e di rischiare di non generare marginalità in occasione dei nuovi raccolti. Di seguito viene proposto un conto colturale del grano tenero e del grano duro coltivati nella collina asciutta del Centro Italia, con l’obiettivo di capire che margini ci sono in termini di riduzione dei prezzi della granella rispetto agli attuali costi di produzione.
Calcolare costi e ricavi
Dal calcolo riportato in tabella 1 si ottengono dei ricavi pari a 1.738 euro/ha per il grano tenero e a 2.541 euro/ha per il grano duro. La tecnica colturale considerata è finalizzata a raggiungere le rese sopra riportate ed è, quindi, piuttosto spinta per il contesto in cui l’analisi viene calata.
I costi di produzione del grano tenero si attestano intorno a 1.310 euro/ha, mentre per il grano duro si raggiunge quota 1.361 euro/ha. Sottraendo i costi dai ricavi si ottiene il reddito lordo delle due colture prese a riferimento; non si arriva al reddito netto poiché nel calcolo non vengono considerati i dati riguardanti il costo d’uso del capitale fondiario e le tasse, dal momento che si tratta di valori che rientrano nell’ambito dei costi fissi. Analogamente anche i contributi diretti Pac non sono stati inclusi nel calcolo.
Il grano tenero fa segnare un risultato di 428 euro/ha, mentre il grano duro arriva alla cifra record di 1.201 euro/ha, che salgono a 1.180 euro/ha se nel calcolo si comprende anche il contributo del pagamento accoppiato previsto dall’art. 52 dell’attuale Pac.
Cosa cambia se calano le quotazioni
Se nel calcolo della redditività si inserisce un prezzo medio che prevede una riduzione del 20% rispetto a quello utilizzato nel calcolo iniziale (369 euro/t per il grano duro e 224 euro/t per il grano tenero) la redditività si attesta a 79 euro/ha per il grano tenero e a 762 euro/ha per il grano duro (tabella 2).
Se si ripete la simulazione prevedendo una riduzione del prezzo pari al 40% rispetto all’ipotesi iniziale (corrispondente a 168 euro/t per il grano tenero e a 277 euro/t per il grano duro) la redditività diventa negativa per il grano tenero (−268 euro/ha), mentre per il grano duro si mantiene positiva (254 euro/ha), grazie anche al premio accoppiato. Il grano tenero raggiunge un punto di pareggio quando la quotazione arriva a 212 euro/t (−24,5% rispetto all’ipotesi iniziale), mentre per il grano duro bisogna arrivare a 231 euro/t (−50% rispetto all’ipotesi iniziale). Occorre precisare che stiamo parlando di quotazioni per nulla scontate, a cui avremmo guardato con interesse qualche tempo fa.
Se la condizione attuale proseguirà gli agricoltori avranno la possibilità di ottenere redditività interessanti da entrambe le colture, soprattutto per il grano duro. Tuttavia, questa eventualità non è affatto scontata, visto che stiamo affrontando una situazione emergenziale che rende tutte le previsioni poco affidabili. Nonostante questo, il grano duro espone i produttori a minori rischi, mentre il tenero offre qualche margine di sicurezza in meno.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 41/2021
Grano: prezzi alle stelle, ma attenzione ai costi
di G. Chiodini
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