La campagna 2019/2020 del grano duro è stata sicuramente una delle più movimentate degli ultimi anni. Iniziando dalle semine disomogenee e particolarmente tardive al Centro-Nord, l’andamento meteo è stato poi particolarmente sfavorevole sulla fascia tirrenica e in ampie zone del Sud, dove in primavera le piogge sono state molto scarse.
Per quanto riguarda il mercato, la crisi sanitaria e il lockdown di marzo e aprile hanno sicuramente incrementato la volatilità dei prezzi, argomento che recentemente è tornato alla ribalta con i ribassi di luglio. Vediamo intanto quali effetti ha avuto questa campagna anomala sui risultati produttivi.
Produzione italiana 2020
Secondo l’Istat in Italia sono state prodotte 3.850.000 t circa, con una lieve riduzione rispetto allo scorso anno e nonostante un lieve incremento delle superfici seminate, in particolare in Sicilia (tabella).
Il dato non si discosta molto dalla stima di Italmopa (l’associazione industriale dell’industria molitoria), che ha stimato in luglio un raccolto di 3,9 milioni di tonnellate, in linea con quanto aveva pubblicato per l’Italia Coceral (associazione europea del commercio cerealicolo), nell’ambito delle previsioni effettuate per l’Unione europea. Per l’UE in generale Coceral stima un raccolto di 7,43 milioni di tonnellate, ossia appena 100.000 t in meno dello scorso anno.
Da buona ad ottima la qualità della granella
A livello nazionale la qualità della granella è in generale da buona a ottima. I pesi specifici medi sono elevati, le difettosità (chicchi volpati, fusariati, striminziti, ecc.) sono contenute al Nord e al Centro e quasi assenti al Sud, e anche la contaminazione da micotossine (DON) è limitata ad alcuni (soliti) areali, ma le partite fuori limite massimo sono veramente poche.
La nota dolente (se così si può dire) è il tenore proteico, che è risultato nella media più basso dello scorso anno.
Al Nord il range è compreso tra il 13,5% e il 14%, comunque più che sufficiente alle esigenze industriali.
La situazione al Centro-Sud è più eterogenea: dove le rese sono state particolarmente elevate (soprattutto nelle Marche) il tenore proteico è stato mediamente più basso, altrove con le varietà idonee si sono toccate punte del 15%, anche del 16%.
Sempre in tema di qualità l’Università della Tuscia ha avviato, su iniziativa di una cordata della quale fanno parte diverse sigle del mondo agricolo, Italmopa, Compag e Assosementi, un importante progetto di mappatura della qualità del grano duro nazionale, con la partecipazione di strutture di stoccaggio distribuite in quasi tutte le regioni.
In totale il rilevamento ha riguardato conferimenti per un totale di 157.000 t, con un numero giornaliero di analisi rapide che nei momenti di punta ha superato quota 650 (grafico 2).
I dati sono confortanti: il peso specifico medio è risultato di 82 kg/hL, e il tenore proteico medio del 14%. Da notare che la curva di distribuzione delle proteine si allunga in modo evidente in direzione dei valori più alti.
Contratti di filiera: strada obbligata
Sempre in merito al mercato, vorremmo fare una considerazione di natura pratica: proprio durante questa estate 2020, a fronte di un mercato ingessato i contratti di filiera hanno garantito i ritiri della merce e i relativi pagamenti, e i prezzi, considerando premi e maggiorazioni, sono stati i più elevati degli ultimi tre anni.
Almeno dal punto di vista di esecuzione dei contratti, le filiere stanno lavorando. C’è però ancora qualche incognita riguardo alle domande per il contributo Mipaaf destinato alle aziende agricole per i contratti di filiera, ma sappiamo tutti che se mai vi sarà la sua erogazione, verrà considerata dai beneficiari una sopravvenienza attiva.
Con queste premesse, la via giusta non può che essere una migliore valorizzazione del prodotto nazionale.
Sommando le quote di mercato dei grandi marchi che hanno deciso di produrre pasta 100% italiana, arriviamo per l’Italia a circa 550.000 t di pasta, il 34% circa del prodotto destinato al mercato nazionale, considerando la decisione di Barilla di convertire tutta la produzione del «pacco blu» (ora celeste) a 100% di origine italiana. Poi ci sono i piccoli pastifici, i marchi locali e altri prodotti di nicchia (pasta fresca, ecc.) che sicuramente sommano altre 50.000 t.
La semola rimacinata per panificazione è un mercato in forte crescita anche per uso domestico e gastronomico, che può valere forse altre 100.000 t, tendenza in crescita. Espresso in materia prima frumento duro, siamo già a un equivalente oltre un milione di t di grano duro.
Questo quantitativo può essere consolidato e ampliato nella misura nella quale ci si doti degli strumenti adeguati: contratti di coltivazione convenienti e sostenibili, assistenza tecnica, varietà adatte sia alla produzione sia alla trasformazione, e in generale un’organizzazione dei rapporti tra agricoltura e industria che garantisca al consumatore tracciabilità e qualità del prodotto.
In conclusione, le premesse per la campagna di commercializzazione 2020/2021 sono buone, ma con qualche minaccia derivante dall’eccesso di offerta nei principali paesi esportatori.
Siamo vicini alle prossime semine, e le decisioni se e cosa seminare in autunno sono da prendere nelle prossime settimane. Anche per il grano duro, è sempre più opportuno valutare la possibilità di sottoscrivere un contratto di coltivazione.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 29/2020
Annata buona per il grano duro nonostante tutto
di H. Lavorano
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