Incentivi, supporti tecnici e premi di produzione per l’agricoltura nazionale virtuosa e sostenibile, miglioramento dei sistemi di stoccaggio, ricerca e sviluppo di nuove sementi, concentrazione dell’offerta, sicurezza, tracciabilità e comunicazione sono gli ambiti di intervento di un gruppo di lavoro che rappresenta la filiera in tutte le sue fasi, dal chicco di grano duro al pacco di pasta. Ne fanno parte Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Assosementi, Cia-Agricoltori Italiani, Compag, Confagricoltura, Copagri, Italmopa.
A quasi due anni dalla firma dello storico protocollo d’intesa tra mondo agricolo e cooperativo e industria di trasformazione, la filiera grano-pasta ha presentato lo scorso 20 novembre, durante un incontro presso la Camera dei Deputati, promosso e presieduto dal presidente della Commissione agricoltura della camera Filippo Gallinella, i primi importanti risultati raggiunti per aumentare la disponibilità di grano duro italiano di qualità e sostenibile, supportare gli agricoltori e rafforzare la competitività della pasta italiana.
Boom dei contratti di filiera
A dimostrazione di un’unità di intenti nel segno di qualità, sicurezza e corretta ripartizione del valore lungo tutta la filiera, da quando è stato siglato il protocollo grano-pasta è boom dei contratti di coltivazione tra pastai e mondo agricolo e cooperativo. Il numero di questi accordi, attivi già da più di 10 anni, è raddoppiato dal 2017, passando da 6.000 a più di 12.000.
Nello stesso lasso di tempo, è raddoppiata anche la superficie agricola oggetto di accordo di coltivazione, ormai 200.000 ettari, più del 15% dell’intera superficie agricola nazionale vocata a grano duro.
Dagli accordi di filiera provengono ormai oltre 700.000 t di grano duro italiano (fonti: Unione Italiana Food, elaborazioni da dati Istat 2019), che hanno garantito all’industria molitoria il grano “giusto” per la produzione di semole adeguate alle esigenze dell’industria pastaria e agli agricoltori italiani un’equa remunerazione, al riparo dalle oscillazioni del mercato, con premi di produzione legati al raggiungimento di specifici parametri qualitativi e di sostenibilità.
E una ricerca realizzata dalla nostra rivista sulle intenzioni di semina dell’annata agricola 2019-2020, rivela che, nel quadro di una sostanziale stabilità per il grano duro, quanti ne semineranno di meno (circa 3 operatori su 10) lo fanno per rotazione colturale programmata, una buona pratica agronomica per rendere il suolo più fertile, controllare gli infestanti e “preparare” un campo più ricco e adatto alle esigenze nutrizionali della spiga di grano.
In altre parole, la strada per rilanciare il grano italiano nel segno della qualità è già stata tracciata. La partnership con un ente terzo di ricerca come l’Università della Tuscia ha l’obiettivo di realizzare a livello sistemico queste iniziative di successo.