Se da noi i seminativi sono una coltura un po’ dimenticata dalla politica, fatto salvo per alcune iniziative sul grano duro (in attesa di riconferma), nel resto del mondo sono invece protagonisti di una guerra a colpi di import, export, stock e accordi più o meno trasparenti.
Una vera e propria geopolitica basata sulle granaglie, basti pensare alle volontà di Vladimir Putin di trasformare la Russia nel principale produttore mondiale di cereali raddoppiando le esportazioni nei prossimi 15 anni fino a 40 milioni di tonnellate o alla guerra dei dazi sulla soia tra USA e Cina, con il rischio che un semplice “tweet” di Donald Trump cambi i listini (spesso in peggio per i produttori italiani) da un giorno all’altro.
Filiera a aggregazione parole d’ordine
Ecco perché per non subire passivamente le decisioni (e soprattutto le quotazioni di mercato) extra UE è fondamentale trovare delle soluzioni in grado di assicurare agli agricoltori la redditività delle colture, aggregando al contempo una massa critica di prodotto che permetta al mondo della produzione di dialogare con quello della trasformazione in modo equo.
“Filiera” è – e sarà – un concetto chiave per frumenti, orzo, soia e tutte le altre commodity che in Italia, come in Europa, devono scontrarsi con un mercato globale dove nuotano “squali” sempre più grandi ed affamati.
Questo il messaggio emerso dall’intervento di Jean Philippe Everling, esperto di mercato delle commodity e trader per Transgrain France e per il Gruppo Casillo, con il quale ha aperto l’ultimo incontro del Comitato di coordinamento cereali organizzato da Anb Coop a Bologna lo scorso 6 settembre, durante il quale si è anche fatto il punto sulla campagna 2019 in Italia e in Europa: «possiamo affermare che dal punto di vista produttivo non si è certo trattato di un’annata straordinaria per il nostro Paese – ha evidenziato il coordinatore dell’incontro Augusto Verlicchi – per il frumento duro al Nord Italia i risultati quanti-qualitativi non sono certo soddisfacenti, il Centro ha recuperato in termini di superficie investita con un lieve incremento della produzione e al Sud la diminuzione dell’area investita è stata compensata da un lieve incremento della resa unitaria. Questo ha portato ad una produzione nazionale di poco più di 4 milioni di t. Per il frumento tenero le produzioni, anche se in modo diversificato da area ad area, si sono contraddistinte mediamente per una resa discreta, sebbene si riscontri un’ampia forbice nelle rese unitarie, nei pesi ettolitrici e nei livelli proteici».
Annata con luci e ombre
Insomma una qualità con luci e ombre per i cereali 2019, che ovviamente avrà ripercussioni sulla commercializzazione, tenendo presente che anche a livello UE i risultati sono stati decisamente eterogenei: «il raccolto di grano tenero è stato eccellente in Francia in termini di volume, meno in Germania, Spagna Europa centrale e meridionale – ha evidenziato Thomas Impellizzeri di Ocealia – e sul fronte dei prezzi non ci sono motivazioni a salti nelle quotazioni, è probabile che la volatilità sarà molto contenuta. Per il duro – ha continuato Impellizzeri – segnalo per la Francia un calo delle superfici ma un corrispondente aumento della produzione complessiva che dovrebbe arrivare a circa 1,6 milioni di t con una qualità ottima, forse un po’ bassa in contenuto proteico ma facilmente “aggiustabile” miscelando le granelle con quelle dello scorso raccolto. Per i prezzi la grande incognita è la produzione del Canada, vedremo se il meteo ha influito sulle produzioni o no».
Future, strumento su cui puntare
In un mercato con tanti dubbi gli strumenti di copertura del rischio rappresentano uno strumento molto efficace «e sebbene in Italia i futures ancora non sono conosciuti come dovrebbero – ha evidenziato Alfina Greco di Directa – le dinamiche di mercato che ci attendono li pongono al centro dell’interesse per i produttori di commodity, purché si ragioni in un ambito di aggregazione».
Proteoleaginose con incognite di mercato
Durante l’incontro si è discusso anche di proteoleaginose con l’intervento di Enrico Zavaglia di Cereal Docks, che ha sottolineato come per l’Italia la situazione in campo per la soia sia tendenzialmente positiva “ma solo le incertezze di mercato a pesare – ha evidenziato Zavaglia – i dazi Usa infatti, assieme all’epidemia di peste suina in Cina, da diversi anni player principale per l’import di questa coltura, hanno decisamente squilibrato i mercati, rendendo molto difficili le previsioni sui prezzi”. Ecco che anche per la soia, così come per il colza e il girasole, la logica di filiera, con prezzi concordati e consegne a scadenza, gioca un ruolo fondamentale per il futuro.
Lorenzo Andreotti