Non c’è convergenza tra le intenzioni di semina dei risicoltori italiani e gli orientamenti degli utilizzatori industriali.
La richiesta di un considerevole aumento degli investimenti nel 2019 avanzata dai rappresentanti dell’industria nazionale ha spiazzato la parte agricola che ha manifestato perplessità non solo per l’entità dell’aumento auspicato (25.000 ettari in più rispetto alla scorsa campagna), ma anche per le indicazioni sul piano varietale.
Quest’anno l’Airi, l’associazione industriale del settore, vorrebbe un maggiore impiego di superfici soprattutto nelle varietà destinate al mercato interno. Una richiesta che appare però in contrasto con l’esigenza di rilanciare gli indica, i risi a grana lunga, che in cinque anni hanno perso in Europa il 37% degli ettari seminati e potrebbero beneficiare della recente introduzione della clausola di salvaguardia sulle importazioni da Cambogia e Myanmar.
Non si comprende perché l’industria si mostri così prudente sugli indica – osservano i risicoltori – e, di converso, perché sia così prodiga nelle richieste sulle varietà da interno, considerate sproporzionate rispetto ai, sia pure positivi, sviluppi dei consumi.
Il timore, insomma, è che le richieste dell’Airi siano più che altro mirate a «raffreddare» i listini dei risoni, in netta ripresa rispetto alla scorsa campagna, soprattutto per le varietà da interno, o a spiazzare gli indica italiani, che stanno adesso recuperando terreno, ricorrendo a forniture anche di altri Paesi europei.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 7/2019
Riso, le semine 2019 dividono agricoltori e industriali
L’articolo completo è disponibile per gli abbonati anche su Rivista Digitale