«L’Accordo quadro per la granella di mais nato lo scorso anno ha avuto come primo merito quello di dare concretamente l’avvio a un processo fondamentale per il mais italiano, il suo riconoscimento come materia prima davvero essenziale per il made in Italy agroalimentare, sottolineando la necessità di passare dalla logica di commodity a quella di specialty, a sua volta essenziale per riconoscergli un valore aggiunto superiore sul mercato quando viene prodotto rispettando le caratteristiche richieste dall’industria mangimistica».
Per Cesare Soldi, agricoltore nella provincia di Cremona e presidente dell’Associazione italiana maiscoltori, l’Accordo quadro è stato un buon punto di partenza per ridare redditività al mais italiano, e lo conferma numeri alla mano: «Per la prima volta abbiamo visto una premialità reale in molti casi superiore a 10 euro/t per la granella. Basta fare i conti – dice Soldi – nel 2020 sono stati stanziati 8 milioni di euro dal fondo competitività delle filiere (che va inteso come complementare all’accordo quadro e non separato) che divisi per i circa 107.000 ha seminati a contratto porta una base di 74 euro/ha.
Stimando una resa media di 10 t/ha di granella, il contributo del fondo vale circa 7 euro/ t, a cui vanno aggiunte le premialità dell’accordo che, anche al minimo, arrivano a 3 euro/t.
Se guardiamo all’andamento delle quotazioni del mais degli ultimi 6-7 anni, non quelle delle ultime settimane delle quali in realtà gli agricoltori hanno beneficiato parzialmente – continua Soldi – questo valore è tutt’altro che ininfluente.
Inoltre, un recente studio pubblicato da Ismea evidenzia come nel 2019 i maiscoltori della Pianura Padana abbiano prodotto granella con un costo medio di circa 185 euro/t, a fronte di una quotazione media di 175, quindi sottocosto. Ci mancano ancora tra i 40 e i 50 euro/t per poter parlare davvero di redditività per il rilancio della granella – evidenzia Soldi – e quindi 10 euro sono già un bel passo in avanti».
A breve si inizierà a seminare, ma Soldi, conti alla mano, auspica una revisione al rialzo da parte del Mipaaf per il fondo competitività delle filiere: «che è stato uno strumento importantissimo, ma ritengo vada rivisto; l’impostazione di base del calcolo del contributo è più adatta al grano duro che al mais, basta vedere la differenza tra la plv del grano, stimabile in circa 1.000 euro/ha, rispetto a quella del mais, stimabile in 1.800. È evidente che 100 euro/ha hanno molto più peso nel primo caso rispetto al secondo.
A oggi sono confermati 6 milioni di euro per il 2021, 2 in meno rispetto a quelli stanziati nelle due trance del 2020, e la nostra richiesta è che vengano aumentati, sperando di superare anche gli 8 milioni di euro. Questo permetterebbe di aumentare ulteriormente le semine del mais a contratto, ricordiamoci che ci sono ancora 500.000 ha potenzialmente disponibili».
Lorenzo Andreotti