Tecniche per valutare la sostanza organica nei suoli orticoli

Nei sistemi produttivi intensivi, la gestione della fertilità e della salute del suolo è cruciale per sostenere i livelli di qualità e resa richiesti dal mercato.
In particolari contesti, per esempio, come quello della coltivazione di orticole in coltura protetta destinate alla IV gamma e ad elevata specializzazione, questa esigenza diventa particolarmente sentita, in quanto la coltivazione continua e le strette rotazioni associate alle lavorazioni meccaniche di affinamento del suolo, lo espongono, nel lungo periodo, a un drastico declino delle sue principali proprietà fisico-chimiche e microbiologiche.
In tali circostanze, i principali effetti negativi dovuti all’eccessivo sfruttamento dei suoli, e in mancanza di idonee ed efficaci strategie di salvaguardia dell’ambiente tellurico, vanno dalla perdita di sostanza organica (sia in termini totali sia nelle componenti umiche di particolare interesse per la fertilità generale del suolo), all’insorgenza di fenomeni indesiderati di impoverimento e stanchezza.

Stanchezza del suolo e suoi effetti sulla coltivazione

Quando il terreno è «stanco»

La cosiddetta sindrome della stanchezza del terreno impatta sul sistema suolo-pianta con progressiva perdita di produttività e decadimento della soppressività con aggravamento della pressione naturale dei patogeni tellurici e suscettibilità alle malattie. Il campanello d’allarme è rappresentato dalla recrudescenza di patologie telluriche come, ad esempio, tracheomicosi, marciumi basali e del colletto, e altre problematiche radicali.

Conoscere la sostanza organica

In contesti produttivi sempre più sensibili a tematiche di riduzione degli impatti sull’ambiente e di sostenibilità delle tecniche di coltivazione, è necessario invertire tale tendenza con strategie di gestione dello stato di salute del suolo attraverso apporti mirati di sostanza organica di qualità.
La sostanza organica del suolo è costituita da un insieme complesso ed eterogeno di composti organici diversi che risultano dai processi di decomposizione e accumulo di residui vegetali e animali (residui colturali, lettiera, deiezioni animali, apporti esogeni) unitamente ai processi di sintesi dei microrganismi. La sostanza organica regola la circolazione dei nutrienti, controlla le reazioni chimico-fisiche di scambio sui colloidi del suolo, interviene nei processi biochimici con una propria carica enzimatica e influenza la struttura del suolo e la sua riserva idrica.
Nel suolo si distinguono quattro classi di sostanza organica:

  • la prima classe, detta spesso edaphon, è la sostanza organica costituita dalla biomassa vivente e, quindi, dall’insieme degli organismi viventi presenti nel suolo;
  • la seconda classe è la sostanza organica non decomposta costituita dalla biomassa morta;
  • la terza classe è la sostanza organica in via di decomposizione;
  • la quarta classe si identifica con l’humus, in altri termini con il prodotto finale delle trasformazioni che non confluisce nella mineralizzazione e che vede la rielaborazione, la polimerizzazione e la condensazione dei composti organici semplici attuate da una parte della pedofauna e, soprattutto, dalla microflora edafica.

Humus stabile e labile

Nella letteratura si suole spesso distinguere due sottoclassi che fanno riferimento al rapporto con la frazione minerale del suolo: humus stabile (rappresentato dall’humus legato alla frazione minerale con formazione di complessi argillo-umici) e humus labile (rappresentato dall’humus non incorporato nella frazione minerale, dalla quale può essere separato con mezzi fisici).

Tecnologie per monitorare il suolo

Un supporto significativo alla gestione del suolo in contesti intensivi può essere offerto dalle tecnologie digitali e da quelle dell’agricoltura di precisione. In particolare, l’obiettivo è quello di agire in parallelo attraverso la detection automatica, su larga scala, non distruttiva e a basso costo del tenore di sostanza organica del suolo e dello stato di salute determinabile indirettamente attraverso il monitoraggio delle colture e la somministrazione mirata nel tempo e nello spazio dei necessari input.
I sensori iperspettrali , a tale scopo, mostrano potenzialità importanti. Sono in grado di acquisire la frazione riflessa da una superficie di qualsiasi materiale, suolo compreso, colpita da una sorgente luminosa incidente, in un range di lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico più ampio di quello percepibile dall’occhio umano.

Camera iperspettrale per la valutazione della qualità del suolo e del contenuto di sostanza organica.

Su tali basi, diversi studi hanno mostrato la possibilità di ottenere alcuni indici vegetazionali calcolati su specifiche lunghezze d’onda della luce di fungere da indicatori della qualità del suolo e del contenuto di sostanza organica.
Non solo, questo tipo di tecnologia è applicabile al monitoraggio delle colture durante il ciclo di coltivazione per la verifica di parametri di crescita, stati fitopatologici e/o di eventuali stati di stress abiotici che colpiscono le piante possono essere rilevati ugualmente.
La sensoristica microambientale, invece, fatta di piccoli dispositivi collegati in rete con sistemi wireless per l’acquisizione dei dati in continuo, può essere impiegata per monitorare l’andamento di parametri come umidità e temperatura del suolo che possono completare il quadro di informazioni che l’agricoltore può prendere in considerazione nella scelta degli interventi da realizzare.

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 2/2022
di Domenico Ronga, Annamaria Di Serio, Catello Pane
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