L’Italia detiene il primato europeo nella produzione di radicchio e il Veneto è la regione leader nella coltivazione. In questo contesto opera (tra le altre) l’Organizzazione produttori ortofrutticoli del Veneto, con sede a Zero Branco (Treviso), una realtà cooperativa che commercializza una vasta gamma di prodotti coltivati da circa 500 soci, distribuiti su gran parte del territorio regionale e (per una piccola parte) nella provincia di L’Aquila. Tra le produzioni di spicco di Opo Veneto emerge in primis il radicchio, nelle sue diverse varietà certifi cate: Rosso di Treviso igp (Precoce e Tardivo), di Verona igp, di Chioggia igp e Variegato di Castelfranco igp. Particolarmente apprezzata dal mercato interno ed estero, questa cicoria ha conquistato il palato dei consumatori, dimostrando notevoli capacità di crescita e adattabilità alle richieste di mercato. A parlarcene è Cesare Bellò, consigliere delegato di Opo Veneto, insieme al quale abbiamo cercato di approfondire le dinamiche e le potenzialità di un ortaggio che sta riscuotendo notevoli soddisfazioni da parte delle aziende produttrici.
Quali sono i principali mercati di destinazione del radicchio?
La commercializzazione del radicchio si estende in modo capillare nel mercato italiano e in quello europeo. Alle mete ormai consolidate, quali Germania, Austria, Regno Unito, Francia e Svizzera, si aggiungono aree emergenti, come Paesi Bassi, Belgio, Repubblica Ceca e Slovenia. Dalla nostra esperienza cooperativa abbiamo inoltre riscontrato una crescente domanda proveniente anche dai Paesi Scandinavi e dal Giappone. La richiesta arriva principalmente dalla rete di ristorazione italiana nel mondo, facilmente raggiungibile mediante un sistema logistico globalizzato che è in grado di far fronte a spostamenti rapidi di merce fresca: attualmente siamo in grado di distribuire i nostri prodotti all’estero nel giro di 24-48 ore, un tempo brevissimo, considerando il fatto che questo prodotto si conserva bene fino a 10 giorni dopo la raccolta. Parallelamente, possiamo inoltre contare su una consolidata rete interna che si appoggia a canali di retail e alla grande distribuzione (come ad esempio Coop). Di fatto, nel mercato interno il radicchio non ha mai risentito della crisi registrata negli scorsi anni, evidenziando consumi in aumento. Le variazioni del valore sono principalmente influenzate dalle condizioni climatiche: temperature troppo rigide o andamenti eccessivamente siccitosi possono compromettere la resa delle coltivazioni, specialmente in campo aperto, dove generalmente è coltivato il radicchio. Se ci discostiamo per un attimo dalla media nazionale per osservare da vicino il comportamento del Radicchio rosso tardivo, notiamo che il prezzo presenta dei picchi di 7-8 euro/kg (campagna 2017-2018), attestandosi sul podio dei prodotti ortofrutticoli con il maggiore valore di mercato. In particolar modo, l’igp di Treviso ha segnato quotazioni superiori rispetto al prodotto «generico». Ragion per cui il Consorzio di tutela sta ipotizzando l’allargamento dell’area di produzione dell’igp, che a oggi include solamente 21 comuni della provincia di Treviso.
Quali strumenti sarebbero necessari per gestire i prezzi e consolidare la domanda?
La coltivazione del radicchio ha grandi potenzialità, ma è orfana di un sistema nazionale organizzato capace di dare sicurezza alle aziende agricole. Sarebbe quindi necessario strutturare e organizzare la produzione interna, in modo da consentire la regolazione del flusso di domanda e offerta. A questo scopo si è adoperato il Comitato di prodotto radicchio, organo operante nell’ambito dell’Organizzazione interprofessionale del settore ortofrutticolo – Ortofrutta Italia, al fine di portare all’attenzione del Ministero delle politiche agricole (oltre che degli altri ministeri coinvolti) la necessità di creare un vero e proprio Catasto nazionale delle coltivazioni e produzioni di radicchio. Questo passaggio consentirebbe al sistema di armonizzare la produzione in base alla richiesta periodica di mercato e conferirebbe maggiore stabilità ai prezzi attraverso una gestione ponderata del prodotto messo in circolazione e commercializzato nei diversi punti vendita. A oggi la domanda di radicchio si concentra principalmente nei mesi invernali: il nostro obiettivo è quello di distribuire gli acquisti, garantendo la continuità dell’offerta nel rispetto della stagionalità propria di ciascun prodotto e della vocazione di ogni singolo territorio. In passato purtroppo abbiamo assistito a picchi di richiesta che non ci hanno consentito di rispondere adeguatamente alla domanda. Questo non dovrebbe succedere, dobbiamo essere organizzati e per farlo abbiamo bisogno di una struttura solida e coordinata a livello nazionale. Un’operazione tanto strategica quanto propedeutica per consentire l’accesso ai fondi del nuovo Ocm ortofrutta che, per il periodo 2018-2022, prevede l’approvazione di un inventario ortofrutticolo nazionale, nonché la distinzione tra le varietà a indicazione geografica protetta e le produzioni «generiche».
Quale sarà la prossima sfida per il radicchio veneto?
Il messaggio che vogliamo comunicare è: «Chi mangia radicchio consuma un prodotto di qualità, proveniente da un territorio di qualità». Il radicchio non è solamente sinonimo di prodotto buono e genuino, ma è anche espressione di un territorio gestito da produttori esperti, che lavorano con il proposito di ridurre al minimo l’impatto ambientale. A tale proposito la Regione Veneto, con la collaborazione di Wba (World biodiversity association), ha monitorato la qualità degli ambienti di produzione, utilizzando lo standard di certifi cazione accreditato internazionalmente BF (Biodiversity Friend), al fine di valutare la conservazione della biodiversità in agricoltura attraverso degli indici che misurano la qualità del suolo, dell’acqua e dell’aria nelle zone di coltivazione. In circa due anni sono stati eseguiti oltre 170 rilievi in tutto il territorio regionale, coinvolgendo (tra le altre) anche le produzioni di radicchio, con risultati positivi in termini di buone pratiche agronomiche e corretta gestione del territorio. In definitiva, possiamo affermare che il radicchio sta abbandonando il vecchio posizionamento di commodity per diventare speciality: produzioni sicure, tracciabili, economicamente sostenibili e a salvaguardia della biodiversità ambientale, nonché della salute dei consumatori.
Ilenia Cescon