Lo sviluppo che negli ultimi anni ha caratterizzato le produzioni agroalimentari biologiche ha coinvolto anche i derivati del pomodoro. I dati relativi al Nord Italia raccolti dall’Oi del pomodoro di questa parte del territorio lo evidenziano chiaramente. Fino al 2015, le superfici a pomodoro biologico nel Nord Italia hanno oscillato tra i 1.000 e 1.300 ha, con una quota sulle superfici totali a pomodoro da industria compresa tra il 3 e il 4%. È stato a partire dal 2016 che queste produzioni sono decollate: dai 1.309 ha coltivati a bio nel 2015 il trend è stato di continua salita fino ai 4.077 ha del 2022. Lo stesso ha fatto la quota del bio sulle superfici totali coltivate nel Nord Italia, passate dal 3-4% fino al 2015 all’11% del 2022.
Come è noto, la strategia «Farm to Fork» dell’Unione europea ha posto, come obiettivo da raggiungere per le produzioni biologiche, la destinazione del 25% della superficie coltivata nel 2030.
A tal fine anche il Piano strategico nazionale ha rafforzato le risorse disponibili per il comparto del bio, aggiungendo quasi 2 miliardi di euro nell’orizzonte temporale della nuova Pac, cioè dal 2023 al 2027. Le risorse a sostegno del settore non mancano, quindi.
Ma sarà sufficiente questo sostegno a stimolare la crescita? Sicuramente il mercato resta il driver principale per la filiera e quindi anche per gli agricoltori: i produttori di pomodoro da industria sono professionisti e quelli di produzione bio devono avere una competenza specifica ancora maggiore per ottenere risultati economicamente adeguati a fronte dei rischi produttivi che inevitabilmente devono affrontare.
Le rese produttive del bio (grafico 1), infatti, sono più basse rispetto a quelle del prodotto ottenuto con produzione integrata, i costi di produzione sono elevati e il prezzo decisamente più elevato non è sempre sufficiente a garantire una adeguata redditività.
Ma è soprattutto la maggiore rischiosità che rende i produttori schivi e prudenti, specie quelli entrati da pochi anni nel mondo del bio.
Il fattore più importante, ancora una volta, sembra essere quello della domanda: l’inflazione che ha colpito il mercato sia italiano sia europeo, nel 2022 e in questo inizio di 2023, sta frenando la domanda e, di conseguenza, sembra spingere anche le imprese di trasformazione verso una strategia di consolidamento dei quantitativi prodotti e commercializzati di prodotto bio, piuttosto che verso una ulteriore crescita, che allo stato attuale appare poco probabile.
D’altro canto, dopo il forte aumento degli ultimi anni, un periodo di minore crescita o di stabilità potrebbe essere salutare per il mercato, al fine di consolidare la strada fin qui percorsa dal bio. Magari in vista di un nuovo scatto in avanti nei prossimi anni.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 6/2023
Pomodoro bio, dopo la crescita quali prospettive?
di G. Canali
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