L’Anicav, l’Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali, ha tracciato il bilancio della campagna del pomodoro da industria da poco conclusa. Quest’anno in Italia sono state trasformate circa 5,5 milioni di tonnellate di pomodoro, con una riduzione del 10% rispetto ai risultati record dello scorso anno. Un dato che, sostanzialmente, riflette quello relativo agli ettari investiti pari a 65.180 ( -8,5% rispetto al 2021), di cui 37.024 al Nord e 28.156 al Centro Sud.
In particolare, nel Bacino Centro Sud le aziende hanno trasformato 2,59 milioni di tonnellate – con un decremento del 12% rispetto al 2021 – mentre in quello del Nord il trasformato finale è stato di 2.89 milioni di tonnellate (-6,3% rispetto allo scorso anno).
Buone le rese agricole in entrambi i bacini produttivi, nonostante la siccità e le alte temperature che hanno causato non poche difficoltà soprattutto nella parte iniziale della raccolta. Sul fronte delle rese industriali, di contro, si è registrato un peggioramento con la necessità di utilizzare maggiori quantità di materia prima per riuscire a garantire i nostri elevati standard qualitativi.
Il dato si inserisce in una situazione di riduzione generale a livello europeo (-17,6%) e mondiale (-4.9%) con Spagna e Portogallo che, complessivamente, hanno ridotto la produzione del 29%. Fa eccezione la Cina che, con 6,2 milioni di tonnellate, ha fatto registrare un incremento del 29,2% dopo la flessione del 2021.
L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli Usa e poco distante dalla Cina, ma primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale, rappresenta il 14,8% della produzione mondiale (pari a 37,3 milioni di tonnellate) e il 56,5% del trasformato europeo, con un fatturato totale di 4 miliardi di euro.
«Immaginavamo che questa campagna di trasformazione sarebbe stata caratterizzata da grandi difficoltà, ma la realtà è stata di gran lunga peggiore delle nostre aspettative» ha commentato Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav. «Come più volte denunciato negli ultimi mesi il comparto è stato letteralmente messo in ginocchio dall’aumento dei costi di produzione del tutto fuori controllo. In particolare, l’aumento del costo dell’energia è stato un colpo davvero difficile da assorbire per un sistema ad alta stagionalità come il nostro. L’incidenza di questa spesa sul conto economico aziendale è cresciuta in maniera esponenziale, passando dal 4% al 22%».