Nonostante l’aumento delle superfici investite, il raccolto del pomodoro da industria nazionale dovrebbe risultare in contrazione. I dati finali previsti (lo scorso agosto) dal World Processing Tomato Council (WPTC) dovrebbero collocarsi su valori inferiori ai 5,5 milioni di tonnellate .
In Cina, dopo qualche anno di stasi e il salto del 2023, è atteso un ulteriore balzo nel 2024 che la potrebbe rendere il più grande produttore mondiale. Le previsioni di agosto prospettavano infatti una crescita del 38% della produzione 2024 rispetto al 2023, circa 11 milioni di tonnellate, che porterebbero il colosso orientale a rivaleggiare con gli USA.
Considerando poi che i consumi dei derivati del pomodoro (espressi in pomodoro fresco equivalente) sono attorno ai 22 kg pro capite/anno in Europa e negli USA, mentre in Cina sono inferiori a 1 kg pro capite/anno, si intuisce che questi quantitativi non saranno destinati al mercato interno.
Considerata la variabile impazzita dei cambiamenti climatici è più che mai necessario che i produttori di pomodoro da industria comincino a ragionare come una vera e propria filiera, attraverso lo sviluppo e la promozione di accordi, unico strumento che può permettere di ottenere un adeguato grado di programmazione per il settore.
A livello UE si deve intraprendere un’azione per arrivare a estendere l’obbligo di etichettatura di origine (luogo di coltivazione del pomodoro) per i derivati del pomodoro in ambito unionale.
Infatti, nell’ultimo anno le importazioni di derivati del pomodoro cinesi nei 26 (senza l’Italia) hanno superato le 100.000 t(erano meno di 50.000 t nel 2022 e meno di 35.000 nel 2021).
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 33/2024
Il pomodoro da industria va difeso con le regole
di L. Bazzana
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