Nonostante un quadro legislativo che si è delineato solo recentemente, negli ultimi vent’anni i biostimolanti hanno raccolto sempre più interesse da parte del mondo agricolo perché in campo, frutteto, vigneto o sotto serra, si sono dimostrati efficaci alleati della resa e della qualità delle produzioni agricole.
A testimoniare l’elevato interesse che ruota attorno a questa categoria di prodotti, che non sono né agrofarmaci, né fertilizzanti in senso stretto (i biostimolanti sono definiti sulla base dei loro effetti agronomici) è stato il numerosissimo pubblico che ha partecipato, lo scorso 15 novembre, al convegno: «Biostimolanti in orticoltura – stato dell’arte: cosa, come e quando» organizzato da Veneto Agricoltura presso il Centro Sperimentale Ortofloricolo Po di Tramontana (Rosolina, Rovigo).
Dopo i saluti da parte del direttore di Veneto Agricoltura Alberto Negro, del rappresentante del Servizio fitosanitario della Regione Veneto Gabriele Zecchin e del responsabile del Centro Franco Tosini, i lavori sono entrati nel vivo con l’intervento di Giuseppe Colla, dell’Università della Tuscia, che ha sottolineato quanto i benefici indotti dai biostimolanti siano più evidenti con applicazioni ripetute e su colture soggette a stress: «inoltre i loro effetti positivi possono variare in funzione del genotipo, della tecnica agronomica e delle condizioni pedo-climatiche.
Non esiste una ricetta unica quando si parla di biostimolanti – ha continuato Colla – per massimizzare l’effetto biostimolante è molto importante definire per le diverse colture i dosaggi e le modalità di applicazione in funzione anche dello stadio fenologico e delle condizioni ambientali».
Sull’impiego dei biostimolanti in orticoltura, con particolare riferimento al tema della loro redditività, ne ha parlato Youssef Rouphael, dell’Università degli Studi di Napoli Federico II: «sulla base dei risultati raccolti in diversi casi studio abbiamo notato come l’impiego di idrolizzati proteici vegetali o biostimolanti a base di estratti di piante tropicali abbiano un effetto concreto su resa e qualità delle orticole. A Latina, su pomodoro da mensa in coltura protetta, l’uso dei biostimolanti ha determinato un aumento della produzione commerciale dal 7 all’11%, con un aumento del margine operativo lordo delle coltura che è andata da +2.280 a +5.200 euro per ettaro». Anche dal punto di vista della NUE (efficienza d’uso dell’azoto), l’impiego dei biostimolanti è molto interessante, così come lo è sull’aumento della tolleranza alla salinità.
Focus sulle materie prime
La mattinata è proseguita con una approfondita disamina sulle materie I da cui si ottengono i prodotti biostimolanti: sostanze umiche, idrolizzati proteici, alghe ed estratti di piante.
«Le sostanze umiche influenzano crescita e sviluppo delle piante, in modo indiretto mediante la modificazione delle proprietà chimico-fisiche e biologiche dei suoli, e in modo diretto attraverso un’azione sul metabolismo e sulla nutrizione vegetale. Sono importanti biostimolanti – ha evidenziato Serenella Nardi, dell’Università di Padova – e la loro azione è estremamente complessa ed è dovuta alle loro caratteristiche strutturali e alle sostanze bioattive intrappolate nella loro matrice».
Andrea Ertani, dell’Università di Torino, ha sottolineato quanto, nel caso degli idrolizzati proteici, sia il processo di produzione a fare la differenza: «l’idrolisi enzimatica, a differenza di quella chimica, avviene utilizzando enzimi, che permettono di ottenere una elevata presenza di amminoacidi levogiri (biologicamente attivi), gli unici riconosciuti dalle piante.
Il prodotto finale di questo processo è caratterizzato da una buona stabilità, da una bassa salinità e da una buona miscibilità con tutti i prodotti presenti in commercio».
Gli estratti acquosi di alghe sono stati tra i primi prodotti biostimolanti applicati alle piante superiori, a livello fogliare o radicale, con lo scopo di aumentarne la produttività.
I primi impieghi documentati risalgono a scritti risalenti al periodo romano del 1° sec. DC «ma anche nel caso delle alghe come matrice di partenza il processo produttivo è molto importante – ha spiegato Antonio Ferrante, dell’ Università di Milano – l’origine e l’epoca di raccolta influenzano molto le proprietà delle matrici di partenza, e di conseguenza anche l’efficacia del prodotto che ne deriva».
Lorenzo Andreotti
Sito di Veneto Agricoltura con le presentazioni del convegno
Giuseppe Colla e Youssef Rouphael, relatori del convegno organizzato da Veneto Agricoltura, sono anche autori del volume BIOSTIMOLANTI PER UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE – Cosa sono, come agiscono e modalità di utilizzo pubblicato da Edizioni L’Informatore Agrario.
Questo testo – supportato da un’aggiornatissima bibliografia – tratta in maniera scientificamente esaustiva i principali biostimolanti oggi disponibili in agricoltura: gli estratti d’alga e gli estratti di origine vegetale, gli idrolizzati proteici, gli acidi umici-fulvici e i prodotti microbici come i funghi micorrizici.
Riserva a ciascuna categoria un approfondito capitolo; ampio spazio viene dato alle modalità di applicazione, distinguendone gli effetti sulle diverse colture: cerealicole, oleaginose, proteaginose, orticole, alberi da frutto e vite.
I capitoli finali affrontano il carbon footprint e la redditività delle colture trattate, offrendo prospettive lusinghiere in termini di miglioramento sia della redditività sia dell’ecosostenibilità delle coltivazioni.