L’orticoltura è il principale comparto agricolo in cui l’elevata redditività delle colture induce a utilizzare i biostimolanti per migliorare la produttività, la sostenibilità dei processi produttivi e la qualità del prodotto.
Nelle produzioni orticole sia, in pieno campo sia in coltura protetta, l’apporto dei biostimolanti è finalizzato al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
- favorire una rapida emergenza delle plantule nelle colture a semina diretta o un veloce superamento della crisi da trapianto;
- precocizzare l’entrata in produzione, incrementare la crescita, la fioritura, l’allegagione e l’accrescimento dei frutti;
- migliorare la qualità del prodotto; aumentare l’efficienza d’uso dei nutrienti e la tolleranza agli stress ambientali.
Il risultato produttivo dipende non solo dal tipo di biostimolante utilizzato, dalle modalità di applicazione e dalla dose apportata, ma anche dall’interazione del biostimolante stesso con i fattori genetici, agronomici e ambientali.
Cosa influenza l’efficacia del biostimolante
Viste le numerose variabili che possono influire sull’attività del biostimolante, è importante disporre di un’ampia casistica di prove sperimentali al fine di definire le condizioni operative che massimizzino l’efficacia del trattamento. L’attività biostimolante dei prodotti commerciali può manifestare una notevole variabilità di risposta delle colture per l’effetto del genotipo, dello stadio fenologico in cui si effettua il trattamento e dell’ambiente di coltivazione.
Tale variabilità di risposta è particolarmente pronunciata nelle colture ortive in pieno campo poiché, per motivi economici, l’apporto di biostimolanti è spesso limitato (ridotto numero di trattamenti e/o basse dosi) e perché le condizioni pedoclimatiche non sono sempre ottimali per l’azione biostimolante. Diversamente nelle colture protette, dove si effettuano più frequentemente trattamenti ripetuti e/o le dosi di applicazione sono più elevate, e inoltre si ha un buon controllo dei parametri ambientali oltre che una standardizzazione della tecnica agronomica, è possibile ottenere con tali prodotti effetti più marcati sulle colture, e i risultati sono più facilmente riproducibili nel tempo.
Più tolleranza agli stress ambientali
In questi contesti i biostimolanti possono contribuire significativamente a mitigare gli stress ambientali: una maggiore tolleranza delle colture alla salinità, all’alcalinità, agli squilibri nutrizionali e agli eccessi di metalli pesanti è infatti ampiamente documentata in numerose colture ortive inoculate all’impianto o in vivaio con funghi micorrizici arbuscolari.
L’inoculo all’impianto con funghi micorrizici e batteri promotori della crescita può essere effettuato attraverso trattamenti localizzati in prossimità del seme/apparato radicale con un inoculo solido (ad esempio, microgranulo, pastiglia) o in sospensione con l’acqua irrigua.
In una prova condotta da Colla et al., 2008 su zucchino inoculato o non inoculato al trapianto con una dose elevata di propaguli (1.000 spore/pianta) di inoculo micorrizico e irrigato con soluzione non salina (1,8 dS/m) o salina (5 dS/m) è stato riscontrato un aumento della tolleranza delle piante micorrizate alla salinità, con un minor calo della produzione (–19%) al crescere della salinità rispetto alle piante non micorrizate (–36%), nonché un miglioramento dello stato nutrizionale dei tessuti fogliari.
Risultati simili possono essere conseguiti con l’apporto ripetuto di sostanze biostimolanti partendo dalle prime fasi del ciclo di coltivazione. Per esempio, Lucini et al., 2015 hanno riscontrato un aumento della tolleranza alla salinità in lattuga trattata settimanalmente a livello radicale con idrolizzato proteico vegetale alla dose di 2,5 g/L; al crescere del contenuto di cloruro di sodio nella soluzione (da 0,06 a 1,5 g/L) il biostimolante ha determinato una minore riduzione del peso fresco del cespo (–17%) rispetto alle piante non trattate (–33%).
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 2/2020
I vantaggi dei biostimolanti in coltura protetta
di M. Cardarelli, Y. Rouphael, P. Bonini, G. Colla
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