Reddito, ambiente e tecnica agronomica potranno finalmente essere assemblate in un unico modello di produzione sostenibile grazie al progetto BioFuture, finanziato dal Programma di sviluppo rurale 2014-2020 del Veneto nell’ambito della Misura 16 dedicata alla Cooperazione.
A raccontarci i primi risultati, a un anno dall’avvio dei lavori (che impiegheranno complessivamente 3 annualità), è intervenuto Cesare Bellò in qualità di coordinatore del progetto per conto di OPO Veneto.
Considerando le tendenze di mercato e tenendo conto della marcata propensione dei consumatori a ricercare prodotti parallelamente salubri e coltivati nel rispetto ambientale, diventa importante impegnarsi nell’individuare un modello di produzione che assecondi quella che sarà l’agricoltura di domani. E bisogna farlo per tempo, in modo da essere pronti nel momento in cui il mercato esprimerà a pieno titolo questa richiesta.
Come nasce il progetto BioFuture?
Nasce osservando alcune tendenze dei consumi del mercato indoor. Il consumatore italiano, infatti, considera molto seriamente il legame tra prodotto e territorio, nonché il rispetto dell’ambiente. E questi elementi insieme costituiscono il driver d’acquisto in campo agroalimentare. Abbiamo rilevato che il consumatore è disposto a pagare un prezzo superiore a fronte della garanzia che il produttore abbia tutelato l’ambiente, ovvero che il prodotto sia il risultato di pratiche agronomiche sostenibili. Ad esempio, un sondaggio condotto su un campione italiano ha rilevato che il 44% degli intervistati sceglie il prodotto sulla base delle certificazioni apposte, mentre il 36% presta attenzione al rispetto dell’ambiente applicato dal produttore. Parallelamente, il 25% predilige le produzioni a ridotto spreco che operano in regime di economia circolare.
Partendo da questo presupposto, abbiamo intrapreso un percorso che ci consente di mettere a sistema le conoscenze scientifiche e i dati acquisiti negli ultimi dieci anni dai partner che hanno aderito al progetto, costruendo un vero e proprio modello applicabile a qualsiasi azienda che desideri abbracciare questa nuova linea produttiva.
Quali enti fanno parte del partenariato?
Oltre ad OPO Veneto (leadpartner), partecipano Coldiretti Veneto, Dafnae dell’Università degli studi di Padova, il Centro ricerche produzioni Vegetali (Crpv) di Cesena, Wba (World biodiversity association) di Verona, le aziende agricole socie di OPO Veneto: Basso Aronne, Brognera Mauro, Gatto Filippo, Pavarin Andrea, Soc. Agr. Agostini Vittorio & C, Soc. Agr. Ortoflorovivaismo dei F.lli Daminato, Soc. Agr. Insalata Plus, Soc. Agr. S. Giorgio, Soc. Agr. Tenuta al Parco, Impresa Verde Venezia.
Ogni partner contribuisce apportando la propria esperienza e mettendo a disposizione i risultati delle ricerche già condotte individualmente. Grazie al contributo accademico dell’Università di Padova siamo riusciti a proporre un approccio attento agli aspetti agronomici quali la fertilità e la rotazione del terreno, l’importanza della sostanza organica, la fertilità microbiologica, la biodiversità. Particolare attenzione è stata prestata alle produzioni ortofrutticole (asparago, radicchio, lattuga, kiwi, sedano, cicoria, melanzana, porro, carota, aglio, patata, spesso alternate a coltivazioni leguminose e cerealicole) mediante l’inclusione di alcune aziende produttrici, per le applicazioni in campo delle sperimentazioni agronomiche.
Parallelamente, il Centro ricerche produzioni vegetali è stato incaricato dell’analisi organolettica delle produzioni, nonché dell’esamina degli effetti della micorizzazione dell’apparato radicale delle piante. Anche l’analisi del suolo assume un ruolo fondamentale nel determinare gli effetti del sovescio, delle rotazioni, dei piani di concimazione e difesa. Inoltre, il Crpv mette a disposizione i propri protocolli di sperimentazione.
Infine, l’associazione Wba interviene con il presidio Biodiversity friend attraverso la condivisione dei propri standard a tutela della sostenibilità.
Qual è la finalità ultima?
L’obiettivo è quello di riuscire ad aumentare la biodiversità del suolo nelle aziende ortofrutticole, individuando tecniche colturali in grado di mantenere la ricchezza del terreno, riducendo l’utilizzo dei fitofarmaci e dei diserbanti. Inoltre, anche il consumo idrico sarà rivisitato in chiave di risparmio e ottimizzazione.
Le ricadute economiche dell’efficientamento agronomico dovranno però impattare positivamente. Il modello che proporremo terrà debito conto della riduzione dei costi di produzione e della maggiore remunerazione del prodotto venduto.
Inoltre, mettendo a sistema le esperienze di tutti i partner coinvolti nel progetto, puntiamo al mantenimento della territorialità dei prodotti, rispettando la vocazione dei singoli territori. Le buone pratiche ambientali vengono prima delle buone pratiche agricole, per questo la nostra proposta è quella di coltivare solamente ciò che il terreno accoglie per natura.
Quale sarà la ricaduta sul consumatore finale?
Stiamo lavorando su una piattaforma digitale che fornisca al consumatore informazione sulla tracciabilità del prodotto, con nozioni specifiche sulla zona e tecnica di raccolta, sul numero di controlli effettuati giornalmente, sulla percentuale di scarto del prodotto, sulla provenienza e sul percorso all’interno del canale di distribuzione. Inoltre il sistema fornisce indicazione in merito ai concimi e fertilizzanti impiegati, ai metodi di irrigazione utilizzati e alle pratiche sostenibile condotte dall’azienda.
Ilenia Cescon