È saltato il tavolo delle trattative per la contrattazione del pomodoro da industria nel Centro-sud: l’Associazione nazionale industriali delle conserve alimentari (Anicav) ha infatti ritenuto irricevibili le istanze degli agricoltori che hanno chiesto la fissazione di un prezzo pari a 130 euro a tonnellata per il pomodoro tondo e di 140 euro a tonnellata per quello lungo da pelato contro i 95 e 105 del 2019.
Al di là del gioco delle parti, delle schermaglie e degli scambi di accuse sulle cause della rottura del confronto, non vi è dubbio che il 2020 rischia di passare alla storia per una campagna del pomodoro caratterizzata da grande domanda e ridotta offerta di materia prima, componenti ideali per una miscela ad alto potere detonante.
Sintetizzando, l’aumento dei costi di produzione e la scarsità d’acqua hanno determinato, secondo una prima stima, la contrazione dei trapianti e delle superfici investite pari a circa il 25%, che, unitamente all’esaurimento delle scorte, ha creato le premesse per un confronto acceso, per usare un eufemismo, tra parte agricola e industriale.
Le prime conseguenze di questa contrapposizione potrebbero registrarsi alla vigilia della campagna dei conferimenti con le contese tra industrie conserviere per accaparrarsi il prodotto necessario ad avviare gli impianti di trasformazione.
L’auspicio è che produttori e trasformatori tornino al tavolo delle trattative con maggiore e reciproca comprensione, ma non può escludersi il classico muro contro muro, con un esito tutt’altro che remoto: mancanza di accordo interprofessionale, mercato libero e pomodori ceduti al miglior offerente.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 19/2020
Trattativa difficile per il pomodoro al Centro-Sud
di G.Tamburrano
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