«Le proiezioni per il prossimo anno sono catastrofiche. Le superfici nazionali coltivate sono passate in un anno da 52.000 a 47.000 ha e il raccolto di quest’anno, a causa della diffusa e devastante infestazione provocata dagli elateridi (fitofagi conosciuti anche come ferretti) non sarà all’altezza delle aspettative. Uno scenario che proietta il comparto verso un futuro sempre più incerto al punto da mettere a rischio la sua sopravvivenza».
È un grido di allarme e di dolore quello lanciato da Davide Vernocchi, presidente di ApoConerpo, illustrando la situazione della pataticoltura italiana che ha la sua punta di diamante nella Patata di Bologna dop, destinata secondo le previsioni del prossimo anno a vedere praticamente dimezzate le superfici destinate alla sua coltivazione.
«I danni provocati dall’infestazione causata dal ferretto quest’anno, per la dop di Bologna, hanno raggiunto il 40% del totale, con una media nazionale oscillante tra il 20 e il 30% del raccolto – prosegue Vernocchi. Se a questo aggiungiamo l’aumento dei costi di produzione che in un anno sono lievitati del 20% arrivando a superare i 10.000 euro/ha si fa presto a capire le perplessità degli agricoltori su cosa coltivare il prossimo anno, soprattutto perché ci sono colture come il grano che, quantomeno allo stato attuale, riescono a garantire una maggiore redditività».
Un quadro drammatico che necessita di soluzioni efficaci. «Ma che è difficile trovare – sottolinea Vernocchi. Credo che sarebbe opportuno fare una profonda riflessione su cosa sta significando la progressiva riduzione degli agrofarmaci, peraltro già in atto, che in base a quanto prevede il Green Deal dovrebbe arrivare a un –50% di quelli autorizzati da qui al 2030.
Se a questo poi associamo i danni provocati dai cambiamenti climatici emerge un quadro che potrebbe portare alla desertificazione, con la conseguenza che quello che oggi è un prodotto a km 0, potrebbe essere presto sostituito da una produzione estera non tracciata e non certificata di dubbia qualità.
È questo che vogliamo? Davvero il mondo agricolo organizzato non è riuscito a comunicare all’opinione pubblica la sua costante attenzione all’ambiente, frutto di un’evoluzione che affonda le sue radici nella ricerca scientifica e nel miglioramento della sua professionalità?
Non lo credo, ma se così fosse ritengo sia fondamentale impegnarsi per continuare a trasmettere al consumatore le informazioni corrette e verificabili che governano il nostro lavoro al netto di certe convinzioni ideologiche che ci hanno portato a vivere una situazione tanto preoccupante.
La Regione Emilia-Romagna ha raccolto il nostro grido di allarme e ha chiesto lo stato di crisi a supporto degli agricoltori, ma per scongiurare la perdita di una filiera così importante come quella della patata dovremo lavorare senza sosta anche per aumentare la sensibilità dell’opinione pubblica. Avendo ben presente che perdere una filiera vuol dire perderla per sempre».
Anna Mossini