L’indice della competitività delle filiere agroalimentari

vigneto diserbato

Nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale 2014-2020, Ismea ha formulato un indice che misura il livello di competitività delle filiere agroalimentari italiane.

Nello specifico, l’ISIC – indicatore sintetico di competitività dell’agroalimentare delle regioni italiane – misura le performance competitive dell’agricoltura e dell’industria alimentare, fornendo la dimensione del posizionamento su base regionale rispetto alla media nazionale. Questo dato facilita la lettura e l’interpretazione, nonché il monitoraggio e la valutazione degli effetti delle politiche agricole e di sviluppo rurale sui sistemi territoriali, con il fine ultimo di incentivarne il perfezionamento e il miglioramento.

Le rilevazioni effettuate dall’indice forniscono informazioni riguardanti le performance complessive delle aziende agricole e alimentari, oltre alla capacità di ciascun territorio di attratte e trattenere attività imprenditoriali nelle due fasi di produzione agroalimentare (agricoltura e industria di trasformazione). Il tutto si misura con quattro variabili: costi (produttività e costo del lavoro dipendente, ricavi e costi totali), redditività (margine operativo lordo e ricavi), scambi con l’estero (propensione a esportare, grado di copertura delle importazioni, indice di vantaggio comparato) e propensione all’innovazione (propensione a investire, diversificazione, giovani imprenditori).

L’ISIC regionale disponibile è stato calcolato dall’anno di riferimento (2012) all’ultima annualità ad oggi disponibile (2017).

Le regioni Trentino Alto Adige e Liguria hanno dimostrato una competitività dell’agricoltura regionale ben sopra la media (nel caso del FVG con un indice quasi raddoppiato); anche Umbria, Campania e Sicilia superano lievemente la media. Emilia-Romagna, Puglia, Veneto, Toscana, Piemonte, Basilicata e Marche si mantengono sulla media nazionale, mentre tutte le altre regioni si posizionano al di sotto con il fanalino di coda occupato dalla Sardegna.

L’indice dell’industria alimentare e bevande conferma in pole position la Valle d’Aosta seguita da Campania, Piemonte, Molise e Trentino-Alto Adige. Sulla scia della media nazionale sono posizionate Abruzzo, Umbria, Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Sicilia. Infine, il resto delle regioni scendono sotto la media nazionale con l’ultimo posto occupato dalla Basilicata.

Dimensioni della competitività dell’agricoltura

Sono stati rilevati risultati molto positivi, in termini di posizionamento competitivo, per la Calabria (che ha segnato un miglioramento del saldo commerciale, nel rapporto produttività/costo del lavoro dipendente e nella reddittività) e la Valle d’Aosta (che ha migliorato significativamente la propensione a investire e il saldo commerciale con l’estero). La maggior parte delle regioni mostra un peggioramento degli indicatori relativi agli scambi con l’estero. Solo l’Abruzzo ha migliorato significativamente entrambi gli indicatori di produttività e costo del lavoro dipendente, nonché di ricavi e costi totali. La reddittività lorda non segnala variazioni significative rispetto al 2016, solamente un lieve aumento per Abruzzo e Calabria. Nella competitività negli scambi con l’estero spicca il Trentino Alto Adige con un valore fortemente al di sopra della media nazionale, ma sono notevoli anche le performance di Valle d’Aosta e Liguria. La capacità di innovare assegna il podio a Valle d’Aosta, Campania e Sardegna, trainata soprattutto dalla componente degli investimenti.

Dimensioni della competitività dell’industria alimentare e bevande

Osservando gli indici è possibile notare la prevalenza di variazioni negative significative rispetto all’anno precedente (2016), soprattutto per quanto riguarda gli indicatori relativi alla competitività sui mercati esteri e degli investimenti. Nel complesso, comunque, Umbria e Molise sono migliorati, nel primo caso grazie all’innovatività e nel secondo grazie alla propensione a esportare e a investire.

La competitività di costo (rapporto tra la produttività del lavoro e il costo unitario) nella maggior parte delle regioni non mostra variazioni significative. Le uniche eccezioni riguardano Liguria, Marche e Basilicata. La reddittività lorda conferma la Valle d’Aosta in posizione nettamente sopra la media, ma anche Liguria, Lazio e Sardegna mostrano miglioramenti. Nella competitività negli scambi con l’estero, per molte regioni è stato registrato un peggioramento nella propensione ad esportare ed importare. In ogni caso, Piemonte, Lombardia e Molise segnano un miglioramento. Nell’innovatività, molte regioni hanno registrato variazioni negative, principalmente a causa del peggioramento del posizionamento competitivo della propensione a investire, tendenza che riguarda soprattutto le regioni del Sud del Paese. Al contrario emerge l’Umbria con un incremento della propensione a investire e delle imprese condotte da giovani.

Ilenia Cescon