Per la redditività del pero servono impianti più efficienti

L’Università di Bologna ha condotto indagini dirette presso opportuni campioni di imprese agricole a elevata professionalità dell’Emilia-Romagna rilevando dati che possono considerarsi come medi e indicativi per impianti standard.

I dati di costo si riferiscono alle sole spese connesse alle operazioni di campagna, fino alla raccolta del prodotto e al trasporto al centro aziendale, includendo anche eventuali minime lavorazioni svolte direttamente in campo ed escludendo, in ogni caso, qualunque tipo di lavorazione o trattamento post-raccolta, anche se svolti in azienda.

Grafico 1 – Costo medio annuo per la manodopera del pero Emilia-Romagna
(cv Abate Fétel, 2017, 5 aziende campione)

Costo manodopera Abate Fétel 2017 Emilia-Romagna
Costi per unità di superficie e di prodotto, variabili da poco meno di 6.300 euro/ha fino a 6.900 euro/ha in virtù dei diversi livelli di resa media.

Le elaborazioni considerano la totalità delle ore di manodopera richieste, anche se nella maggior parte delle imprese, soprattutto di media o medio-piccola dimensione, una parte più o meno rilevante del fabbisogno può essere soddisfatto con forza lavoro familiare, internalizzando il relativo costo.

Grafico 2 – Costo medio annuo per la manodopera del pero in Emilia-Romagna
(altre cultivar, 2017, 7 aziende campione)

Costo manodopera pero 2017 Emilia-Romagna
A causa dei carichi di lavoro più elevati, anche i costi medi annui si distaccano per la varietà estiva Santa Maria che richiede regolari interventi di diradamento con un costo medio annuo per la manodopera di oltre 10.000 euro/ha, corrispondente a poco più di 0,30 euro/kg.

Dalla lettura dei dati economici emerge come il costo del lavoro per la coltivazione del pero sia piuttosto elevato, tra i più alti nel comparto frutticolo, così come i costi di produzione nel loro complesso. La marginalità economica per le imprese coltivatrici si è fortemente contratta nel corso del tempo, per effetto di prezzi spesso insoddisfacenti generati da una progressiva riduzione dei consumi interni, a cui non ha fatto da contraltare un’adeguata crescita delle esportazioni, anche per la difficoltà di reperire nuovi interessanti mercati di potenziale successo.

Sebbene negli ultimi anni si sia registrata un’inversione di tendenza nella dinamica dei consumi e nonostante gli sforzi messi in atto per espandere la presenza sui mercati esteri, l’equilibrio tra domanda e offerta è ancora piuttosto instabile e frequenti sono le campagne in cui si registrano ingolfamenti di mercato e prezzi, conseguentemente, insoddisfacenti, soprattutto per i calibri più piccoli. Da qui sorge l’esigenza di prestare grande attenzione alla struttura dei costi d’impresa, di cui la manodopera rappresenta una quota di assoluto rilievo.

Per razionalizzare la gestione della manodopera, soprattutto in termini di costo per unità di prodotto ottenuto, è fondamentale un costante rinnovo degli impianti, al fine di mantenere alto il livello di efficienza nello svolgimento delle operazioni colturali.

Il contenimento della taglia delle piante, l’impiego di protezioni antigrandine ed eventualmente anche di moderne reti antinsetto, nonché l’adozione di innovazioni meccaniche che migliorino il rendimento del lavoro, sono alcuni degli ambiti su cui occorre maggiormente porre attenzione in impianti moderni. Anche a causa della già citata riduzione dei margini economici, tuttavia, il rinnovo degli impianti è purtroppo rallentato significativamente nel tempo, determinando il mantenimento in produzione di frutteti obsoleti, a ridotta efficienza agronomica e, di riflesso, economica.

Come già accennato, infine, non va dimenticato che una moderna frutticoltura deve essere sempre più orientata verso la qualità dell’offerta, anche se per raggiungere questo obiettivo si rende spesso inevitabile un maggior ricorso a manodopera per curare al meglio le diverse operazioni colturali.

La ricerca dell’equilibrio fra queste esigenze è di pertinenza della singola impresa, ma a livello dell’intera filiera un’offerta più limitata e di maggiore qualità gioverebbe sicuramente ai risultati economici complessivi, riducendo la presenza di prodotto meno apprezzato che può rallentare la fluidità del mercato e determinare un deterioramento generale dei prezzi.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 38/2018
Servono impianti più efficienti per la redditività del pero
Di A. Palmieri
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