Per il noceto italiano servono impianti moderni e intensivi

Noci di Sorrento

Il commercio di noci sgusciate è in continua crescita e sfiora il milione di tonnellate. Questo trend è dovuto all’aumento dei consumatori a livello mondiale e per i caratteri salutistici del noce e della frutta secca in generale. Il valore di noci in guscio e sgusciate importate annualmente sfiora i 200 milioni di euro.
Negli ultimi anni sta, dunque, riscontrando interesse da parte di frutticoltori la coltivazione del noce, con progetti di filiera in Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, ma anche in Campania e nel Sud Italia in generale. In molte aree, un tempo vocate alla coltivazione di pesco, albicocco, susino, e che oggi a causa della diffusa presenza della sharka (virus della vaiolatura delle drupacee) non permettono più di fare frutticoltura redditizia, il noce rappresenta un’interessante alternativa.

Altro fenomeno che è frequente osservare in ambienti meridionali è il reinnesto di noceti da legno o di piante adulte provenienti da semi della noce di Sorrento, con la cv Chandler. Si tratta di innesti eseguiti sulle branche principali, ad altezza variabile dal suolo. Una pratica che, seppure irrazionale e non praticabile per impianti di grande estensione, risulta essere giustificabile per quelli di piccole superfici, realtà molto diffusa in tali ambienti.

Caratteristiche tecniche dei nuovi impianti

I materiali di propagazione utilizzati sono astoni innestati su semenzali di Juglans regia o prodotti con micropropagazione in vitro. L’annosa questione sul ritardo di entrata in produzione delle piante micropropagate rispetto a quelle innestate è stato sfatato con l’adozione di pratiche vivaistiche appropriate e da una corretta gestione in campo del noceto. I portinnesti utilizzati si riferiscono a franchi di noce (Juglans regia); non sono diffusi come in altre areali produttivi internazionali gli ibridi Paradox o Vlach (J. hindsii × J. regia). La scelta varietale per i nuovi impianti è orientata verso cultivar a fruttificazione laterale, tra cui la Chandler che rappresenta quella più diffusa a livello mondiale e ampiamente coltivata al Sud.

Forma di allevamento ed esigenze colturali

La forma di allevamento scelta o che si cerca adottare è quella dell’asse strutturato, per favorire una rapida entrata in produzione, facilitare le operazioni di gestione della chioma e predisporre alla raccolta meccanica.
Purtroppo, molte volte si assiste alla precoce perdita dell’architettura della pianta, specialmente nelle zone ventose, per il danneggiamento e la scomparsa dell’asse centrale e la conseguente trasformazione a vaso della chioma. I nuovi impianti sono provvisti di impianti di fertirrigazione, costituiti da ala gocciolante o subirrigazione, che ha il vantaggio di non creare alcun ostacolo alle operazioni colturali e alla raccolta da terra. I volumi irrigui somministrati in impianti all’8° anno, con le ultime stagioni particolarmente calde e aride nel periodo estivo, si attestano attorno ai 3.500 m3/ha/anno.

Circa la nutrizione, modulata sulla base delle analisi dei terreni coltivati, le esperienze condotte in areali meridionali mostrano che con la somministrazione (in unità) di 100-120 N, 40-60 P, 70- 90 K, 70-90 Ca e 10-30 Mg si ottengono agevolmente produzioni comprese tra i 28 e i 35 q/ha.

Le maggiori problematiche fitosanitarie riguardano i marciumi radicali causati da Armillaria mellea (marciume radicale fibroso) e Rosellinia necatrix (marciume radicale lanoso) che possono provenire da materiali di propagazione infetti o più facilmente da infezioni derivanti dalle colture precedenti. Per questo si consiglia di eseguire precisi monitoraggi e controlli visivi sullo stato della coltura precedente, di rimuovere tutti i residui radicali e non di triturare tutto nel terreno, di praticare cicli di rotazione con cereali prima d’impiantare una coltura poi destinata a rimanere per decenni. Stesso discorso vale per una corretta sistemazione del terreno, per facilitare lo sgrondo delle acque ed evitare fenomeni di ristagno idrico che costituiscono poi un fattore predisponente per le infezioni da Phytophthora cinammoni e P. cactorum, agenti dei marciumi del colletto.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 22/2022
Per il noceto italiano servono impianti moderni e intensivi
di L. Laghezza, M. Petriccione, L. Catalano
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