Il mandorlo in Sardegna cresce con l’innovazione

Nell’ambito dei bandi Mipaaf per la costituzione di Reti d’impresa interregionali, un progetto sulla filiera del mandorlo ha permesso la costituzione dei primi impianti superintensivi in Sardegna, con risultati promettenti sia dal punto di vista produttivo sia della sostenibilità ambientale.

Gli impianti SHD (Super High Density) prevedono di adottare una forma di allevamento bidimensionale a parete (2D) con le piante che formano una siepe continua, grazie alla gestione della chioma sottoposta a continue cimature (laterali e apicali) al fine di mantenere nel tempo una forma idonea alla totale meccanizzazione delle operazioni colturali di raccolta meccanica e potatura.

Per sfruttare al meglio questa nuova concezione di mandorleto, nel rispetto di parametri che assicurino sostenibilità ambientale ed economica, è necessario disporre di ampie superfici investite al fine di un utilizzo più efficiente della meccanizzazione e per realizzare economie di scala nella gestione. E la Sardegna risponde appieno a questi criteri in tanti suoi areali vocati alla coltura dell’intero territorio regionale.

L’elevata densità d’impianto è possibile grazie all’utilizzo di portinnesti a bassa vigoria. Quello utilizzato negli impianti sardi è il Rootpac®20 Densipac, un ibrido tra Prunus bessey e Prunus cerasifera (mirabolano).

Tecniche di gestione sostenibile

Le distanze di piantagione adottate sono di 4 m tra le fila e 1,25 m sulla fila, con una densità di 2.000 piante/ ha. Nei campi della cooperativa «I Tre Solchi» di San Giovanni Sergiu (Carbonia – Iglesias) è stata adottata la pacciamatura lungo la fila. Questo facilita la gestione delle infestanti sotto chioma nel periodo autunno-primaverile che nel caso di mandorleti SHD risulta particolarmente critica, laddove non si vuol ricorrere al diserbo chimico e per le difficoltà di intervenire con sarchiature meccaniche prima che le giovani piantine siano ben attecchite, con le radici in grado di assicurare un buon ancoraggio nel terreno.

Per la gestione del suolo nell’interfila si è fatto ricorso all’inerbimento che, oltre a ridurre l’erosione del suolo per dilavamento, permette l’ingresso dei mezzi meccanici in terreni pesanti anche dopo forti precipitazioni. Grande attenzione è stata data alla nutrizione degli impianti in fase di allevamento per la necessità di favorire la formazione della struttura della pianta in tempi brevi.

I quantitativi di unità di fertilizzante/ ha indicati dalle linee guida dei disciplinari regionali di produzione integrata per impianti tradizionali (300-400 piante/ha) sono stati incrementati del 50% per gli impianti SHD, in relazione alla maggiore densità di piante/ha, ricorrendo alla loro distribuzione attraverso la fertirrigazione, mentre i microelementi sono stati somministrati per via fogliare. L’irrigazione ha interessato volumi stagionali compresi tra i 1.500 e i 4.000 m3/ha in relazione ai differenti lotti, distribuiti da impianti a microportata con ala gocciolante.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 41/2021
Il mandorlo in Sardegna cresce con l’innovazione
di L. Catalano, D. Digiaro, T. Desogus, I. Mura, G.P. Sulis
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