Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), i cambiamenti climatici osservati negli ultimi 150 anni sono la conseguenza dell’aumento della concentrazione di gas serra, dovuto alle emissioni di natura antropica, operate cioè dall’attività umana.
Attualmente la concentrazione globale di diossido di carbonio (il principale gas serra) è circa il 50% in più rispetto ai livelli preindustriali (1750) e la temperatura media globale è aumentata di 1,1 °C rispetto al 1880.
Questa situazione ha comportato una rapida escalation di fenomeni estremi quali ondate di calore, siccità, grandine e violente precipitazioni, sempre più evidenti, ma anche a degrado del suolo, riduzione della biodiversità e alterazione degli ecosistemi.
Gli impatti principali per l’agricoltura
I principali impatti che i cambiamenti climatici avranno per il settore agricolo sono riferiti a:
- rese sempre più instabili;
- diffusione di nuove infestanti e patogeni per i quali sarà più difficile la gestione adeguando i tempi dei trattamenti a fronte di una riduzione della tipologia delle misure chimiche di controllo;
- aumento del fabbisogno idrico a causa delle temperature più elevate;
- minore disponibilità di risorse idriche dovute sia alle minori precipitazioni sia all’innalzamento dei livelli del mare che porterà alla salinizzazione delle risorse idriche.
Le strategie agronomiche per fronteggiare queste criticità sono state protagoniste dell’evento dal titolo «Cambiamenti climatici, prevenzione, mitigazione e gestione del rischio» realizzato con il sostegno di Grena, Agrintesa, Netsens, Serroplast, Lamberti, Generali Assicurazioni, CSQA e Berardi presso la Le Tenute Ferrocinto a Castrovillari (CS) lo scorso 27 novembre.
Recrudescenze delle avversità su olivo
Dopo i saluti del direttore del CREA OfA di Rende Enzo Perri, il convegno si è aperto con l’intervento di Elena Santilli, del Crea Ofa, che ha focalizzato la tematica su olivo: «lo sviluppo di una malattia su olivo, così come su altre arboree, è il risultato dell’interazione di vari fattori che influenzano l’ospite e il patogeno. Un piccolo cambiamento nelle condizioni microclimatiche può modificare il risultato dell’interazione tra pianta e patogeno e lo stiamo osservando ormai da anni con la l’aumento della gravità della presenza di occhio di pavone, mosca delle olive (che negli ultimi anni sta presentando delle anomalie rispetto alla media) o Tignola verde dell’olivo, ma soprattutto della recrudescenza della lebbra dell’olivo, in seguito ai cambiamenti climatici in termini di aumento delle temperature medie stagionali e dell’umidità relativa».
Criticità per l’actinidia al Sud Italia
Egidio Lardo, agronomo e CEO di Karposia, e Valter Fiumana, tecnico di Agrintesa, hanno fatto il punto su come i cambiamenti climatici colpiscano il kiwi al Sud Italia e su quali siano le migliori agrotecniche per contrastarne gli effetti: «sono gli stress combinati, cioè le situazioni in cui due o più condizioni stressanti alterano i processi fisiologici delle piante danneggiandone qualità e quantità delle produzioni, a preoccupare di più i produttori di kiwi – ha evidenziato Lardo. Per fronteggiarli serve ridefinire le aree climatiche idonee su scala territoriale, creando appositi indici climatici, valutare con attenzione la scelta del sito, in termini di idoneità suolo e di qualità delle acque irrigue ottimizzando anche la loro gestione. Nostre esperienze di irrigazione di precisione su kiwi, con monitoraggio in continuo del contenuto idrico del suolo tramite sensori hanno ridotto i consumi idrici fino al 30%».
Fiumana ha completato il quadro evidenziando altre agrotecniche utili a mitigare gli effetti del cambiamento climatico: «come le reti antigrandine che, oltre a proteggere dalla grandine, attenuano i danni da vento (se provviste di chiusure laterali), le temperature estreme e anche l’evapotraspirazione».
Per quanto riguarda la moria del kiwi, che dal 2012 al 2023 ha compromessi nel totale Italia oltre 6.000 ha, tra superfici morte ed impianti attualmente in grave sofferenza, Fiumana raccomanda la baulatura «sempre di almeno 20 cm e una particolare attenzione al colletto della pianta, che deve esser appoggiato al terreno, non seppellito sotto terra».
Il punto sugli agrumi
«La coltivazione degli agrumi richiede particolari esigenze climatiche, come temperature calde, una buona umidità, inverni miti e senza escursioni termiche elevate – ha evidenziato nel suo intervento Carmelo Mennone, direttore dell’Az. Sperimentale Pantanello dell’Alsia – sebbene queste ultime, nelle zone mediterranee, determinino la comparsa di pigmenti antocianici e carotenoidi, responsabili del colore nelle arance e nei mandarini, carattere quasi impossibile da ottenere nelle aree tropicali. Sotto il punto vista fitosanitario – ha sottolineato Mennone – l’agrumicoltura metapontina dovrà confrontarsi con agenti patogeni e parassiti che potrebbero diventare più pericolosi e una variabilità stagionale che influenzerà la pianificazione «tradizionale» delle strategie di controllo dei parassiti. Sotto il profilo agronomico vanno ridefiniti quantitativi, tempi e modi di somministrazione dell’acqua: parametri come la radiazione solare, la temperatura, la ventosità e l’umidità atmosferica hanno infatti grande importanza nel determinare l’evapotraspirazione».
Lorenzo Andreotti