Alla pera italiana servono più rese e prezzi stabilizzati

La pericoltura italiana è da lungo tempo fiaccata da problematiche connesse alla stagnazione dei consumi e alla rilevante concentrazione dell’offerta su una sola varietà, Abate Fétel, molto apprezzata in Italia, ma con scarsi sbocchi all’estero e difficile valorizzazione dei calibri più piccoli.
Tra le problematiche di natura agronomica, invece, vi è l’impatto di grande rilievo che i cambiamenti climatici in atto stanno avendo su questa specie: dall’aumentata frequenza degli eventi grandinigeni, alle gelate tardive, fino ai prolungati periodi siccitosi in estate. Il pero sconta poi criticità peculiari, tra cui va segnalata la recrudescenza di alternaria e maculatura bruna – due patologie tradizionali, ma il cui controllo è divenuto più difficile negli ultimi anni – e la particolare virulenza della cimice asiatica sui frutti.
I riflessi di questa situazione sulla capacità produttiva e, conseguentemente, sulla sostenibilità economica del pero sono molto impattanti: negli ultimi 5 anni, difatti, la produzione media italiana è stata inferiore a 375.000 t, contro un potenziale di oltre 700.000 t. Ben 2 delle ultime 3 campagne, però, si sono concluse con una produzione di sole 200.000 t.
Alla luce della difficile situazione attuale, è certamente utile fare il punto sulla sostenibilità economica di questa coltura, al fine di valutarne le opportunità future.

Costi di produzione  e redditività

Le spese di coltivazione per ettaro della pera italiana possono tradursi in un costo per unità di prodotto sensibilmente variabile in funzione della resa media.
Considerando una media dei costi nelle due provincie analizzate (Ferrara e Modena) e ipotizzando valori di resa ordinariamente raggiungibili in annate normali, attorno a 27-28 t/ha per Abate Fétel e a 38-40 t/ha per William, il costo medio complessivo di prodotto raccolto oscilla attorno a 0,75 euro/kg per Abate Fétel e a 0,50 euro/kg nel caso di William (grafico 4).

Naturalmente, il costo si innalza sensibilmente al diminuire delle rese, soprattutto nel caso di Abate Fétel che supera 1 euro/kg di spesa al di sotto di 20 t/ha per arrivare a 1,3 euro/kg con un raccolto di 15 t/ha, valori che, come visto, sono allineati di fatto alla media dell’ultimo quinquennio.
Nel caso di William, tendenzialmente più produttiva, il costo si mantiene sotto a 0,65 euro/kg fino a 30 t/ha di resa. Considerando i soli oneri di natura monetaria per un’impresa familiare, così come precedentemente definita, l’esborso scende di circa 0,13 euro/kg per Abate Fétel e di 0,08 euro/kg per William, in presenza di rese ordinarie. Con una resa di 15 t/ha, per Abate Fétel il costo si ferma dunque attorno a 1 euro/kg per l’impresa di tipo familiare.
Relativamente ai prezzi, questi hanno risentito in modo rilevante della scarsità dell’offerta interna negli ultimi anni, innalzandosi sensibilmente rispetto ai valori storici precedenti.
In particolare, nelle campagne 2021 e 2023, caratterizzate da volumi di prodotto molto bassi, le quotazioni per i frutti di prima categoria si sono collocati fra 1,5 e 2 euro/kg per Abate Fétel, mentre nel caso di William hanno raggiunto anche 1-1,2 euro/kg. Nelle rimanenti campagne dell’ultimo quinquennio, invece, le quotazioni si sono mantenute mediamente attorno a 1 euro/kg o poco più per Abate Fétel e fra 0,50 e 0,80 euro/kg per William.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 25/2024
Alla pera italiana servono più rese e prezzi stabilizzati
di A. Palmieri
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