Il comparto peschicolo è da molti anni oggetto di studi economico- commerciali volti a comprendere le cause di una crisi che è tra le più gravi in ambito frutticolo l’andamento dei prezzi nel quinquennio 2015-19 nelle principali regioni produttrici italiane si è attestato fra 0,30 e 0,40 euro/kg per le pesche comuni e 0,40-0,55 euro/kg per le nettarine.
Considerando il valore complessivo del prodotto e i dati relativi alle superfici in produzione, ciò si traduce in una plv media per ettaro variabile fra 6.500 e 8.500 euro per le pesche e fra 11.000 e 15.000 euro per le nettarine. I costi di produzione del pesco sono altrettanto variabili, in funzione soprattutto della precocità varietale e dell’area di produzione, ma in linea di massima non si possono considerare valori inferiori a 13-14.000 euro/ha nelle regioni meridionali e a 15-17.000 euro/ha in quelle settentrionali.
Per le pesche comuni, pertanto, l’obiettivo della sostenibilità economica appare assolutamente lontano, mentre qualche margine di difesa si può riscontrare ancora per le nettarine, che in questi ultimi anni sono andate maggiormente incontro ai gusti dei consumatori, registrando dunque prezzi superiori. In ogni caso, con queste quotazioni e alle rese medie da considerare per ottenere un prodotto di accettabile livello qualitativo è evidente come il declino sia destinato a proseguire.
Serve innovazione
In Italia la fortissima riduzione delle superfici investite testimonia come anche il modello della piccola impresa diretto-coltivatrice, nonostante la capacità di internalizzare buona parte dei costi di produzione, non sia più in grado di sostenere economicamente queste condizioni.
Le ultime campagne deficitarie in termini produttivi vedono un rialzo dei prezzi, ma è chiaro che solo quelle poche aree non colpite dalle gelate e da altre avversità potranno avere un po’ di ristoro economico. Oltre alle cause di natura strutturale del comparto anche sul versante dei consumi la situazione non appare brillante, a causa della crescente concorrenza di altre specie frutticole estive che allargano sempre più il proprio calendario di commercializzazione, con proposte varietali innovative e di qualità, togliendo spazio a pesche e nettarine.
È, inoltre, da scontare l’effetto della crescente espansione degli hard discount, che riflettono le esigenze di una domanda massificata sempre più attenta a prezzi o offerte, pur senza rinunciare ai servizi inclusi. In questa situazione, solo ricorrendo a politiche particolarmente strong di risparmio dei costi è possibile sopravvivere e in questo, per evitare di ricorrere a pratiche lavorative scorrette, solo la ricerca può aiutare favorendo la diffusione di innovazioni che permettano un contenimento dei costi, come ausili meccanici per la potatura o il diradamento. In frutticoltura, tuttavia, l’innovazione tecnologica non è mai rapida. Più veloce, invece, è di solito l’innovazione di prodotto che, tuttavia, nel comparto peschicolo latita da tempo, con un panorama varietale troppo incentrato su varietà sub-acide e che non riesce a imporre innovazioni di successo come in altri comparti frutticoli.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 29/2021
Al pesco serve una strategia di investimento di lungo periodo
di A. Palmieri
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