La prima settimana di febbraio gli allevatori sardi hanno incassato 60 centesimi di euro/kg di latte crudo alla stalla (Iva compresa), a fronte di costi variabili di produzione (alimenti per gli animali ed altri mezzi tecnici) per 70 centesimi (Iva esclusa). È evidente che così gli allevatori non possono proseguire l’attività. Ci sono sostanzialmente tre ragioni che spiegano la situazione venutasi a creare.
La prima è che il mercato sardo del latte ovino e dei suoi derivati è fortemente dipendente dal contesto internazionale, in particolare dagli Stati Uniti, grande importatore dei pecorini italiani.
La seconda ragione è legata alla capacità di organizzazione e gestione della filiera. È insoddisfacente, ad esempio, la buona pratica di diversificare i mercati di sbocco all’estero.
Infine, c’è il nodo della Pac che non contiene strumenti specifici per contrastare i disequilibri del mercato del latte ovino.
L’unica arma disponibile è l’ammasso privato che, però, agisce solo per i formaggi a denominazione di origine e non è attivato in automatico.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 6/2019
Latte ovino, tre ragioni spiegano lo stato di crisi
di E. Comegna
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