La produzione nazionale di risone quest’anno non sarà esaltante. Come previsto, la flessione della superficie investita a riso, che è stata di circa 10.000 ettari, provocherà un raccolto più magro, nel senso che mancheranno all’appello poco meno di 700.000 quintali di prodotto. Dunque si andrà ampiamente sotto 1,52 milioni di tonnellate di riso greggio. Ma è anche la qualità a destare qualche preoccupazione.
L’andamento meteo della scorsa primavera con intense piogge e il clima secco e caldo del periodo estivo hanno rallentato e poi arrestato la crescita della cariosside, che in non poche varietà si presenta di dimensioni più ridotte del normale, il che significa una minor resa e il rischio concreto di un deprezzamento al momento del contratto. Inoltre, quest’anno, diversamente dal 2017, il brusone si è fatto sentire e anche le altre malattie si presentano con maggiore frequenza, favorite nello sviluppo dall’allettamento delle varietà storiche.
Quanto alle singole zone, il Vercellese sembra essere l’area meno flagellata da malattie e decremento produttivo, con rese in linea rispetto alle ultime annate. Più insidioso il raccolto nel Novarese e in Lomellina. L’Ente nazionale risi, comunque, renderà nota a breve una prima stima del raccolto 2018.
«Siamo di fronte a un esito della campagna a macchia di leopardo – conferma il presidente dell’Ente nazionale risi, Paolo Carrà – con evidenza di attacchi tardivi di brusone causati dall’alta temperatura di settembre, problema particolarmente grave in aree come la Lomellina che legano la risicoltura alla produzione di varietà da consumo interno, più sensibili a questa patologia».
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 37/2018 a pag. 14
Campagna risicola, la qualità preoccupa
di S. Pellegrini
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