La decisione della Commissione europea di dare il via libera all’ammasso privato per alcune tipologie di prodotti, lattiero-caseari e carne, è stata accolta da giudizi sostanzialmente positivi («finalmente si fa qualcosa») ma con parecchi distinguo da parte italiana e, soprattutto, con una valutazione di base inconfutabile: i soldi a disposizione sono molto pochi.
Il ventaglio di misure è ampio e si punta ad attivarle entro fine aprile, dopo l’esame e l’approvazione degli Stati. Si va dall’aiuto allo stoccaggio per latte scremato in polvere, burro, formaggi e carni (bovine, ovine e caprine) alla distillazione di crisi per il vino con i fondi già disponibili nei programmi nazionali. Tra le proposte, anche quella di una somma forfettaria di 5.000 euro per ogni azienda per sbloccare l’utilizzo dei fondi di sviluppo rurale non impegnati.
Tante misure per pochi fondi: con le casse della Pac prosciugate per il fatto che siamo a fine periodo finanziario e un nuovo bilancio non è ancora all’orizzonte, per l’ammasso privato ci sarebbero tra i 75 e gli 80 milioni di euro.
Tanto per avere un termine di paragone, per cercare di contenere i danni dell’embargo russo nel 2014 l’UE mise in campo 500 milioni per l’ortofrutta e quasi un miliardo per il latte.
Per quanto riguarda le reazioni italiane, la critica più specifica viene dall’Organizzazione interprofessionale Intercarneitalia, che in una lettera alla ministra Teresa Bellanova rileva che «l’ammasso delle carni bovine (8-24 mesi) favorirà solo pochi Paesi europei che già esportano verso l’Italia e che già ci fanno concorrenza al ribasso (per prezzi, durata dei sottovuoto, minori costi di produzione legati a sistemi di allevamento completamente diversi dai nostri sia per sicurezza alimentare, sia per controllo e rispetto del benessere animale) e saranno gli unici a usufruire di tali aiuti (riforniscono principalmente ristoranti e mense) e al termine dell’emergenza, allo scongelamento della carne, ci ritroveremo con altra concorrenza al ribasso, che farà declassare ulteriormente i prezzi della nostra carne».