Cessato allarme sulla possibilità di indicare come «made in Italy» vini prodotti con uve non italiane.
Tutto era cominciato con un atto delegato della Commissione europea che interveniva su designazioni di origine, indicazioni geografiche e termini tradizionali nel settore: in un «considerando» (la parte del testo che precede le norme spiegandone il criterio) si faceva riferimento al fatto che l’indicazione di origine dei vini senza doc o igt (i vini varietali) avrebbe dovuto riferirsi al luogo dove il vino era «trasformato».
Alcune organizzazioni italiane avevano fatto notare che si trattava di un potenziale passo indietro che avrebbe portato a poter dichiarare «made in Italy» un vino prodotto con uve non italiane.
La Commissione ha risposto parlando di un equivoco, in un passaggio di poco significato, senza nessuna intenzione di creare scompiglio nel settore. E ha inviato alle altre istituzioni UE una rettifica al testo, dove la parola «trasformato» viene sostituita dalla parola «prodotto». In più, il testo è accompagnato da un documento di interpretazione in cui si chiarisce che per luogo di produzione si intende il luogo in cui le uve sono state raccolte e trasformate in vino.
Tutto a posto, quindi, anche se va sottolineato che su alcuni organi di informazione si era parlato, con molta esagerazione, di un ok indiscriminato a tutti i vini falsi made in Italy.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 42/2018, pag. 9
L’UE si corregge sui vini varietali
di A. Di Mambro
L’articolo completo è disponibile anche sulla Rivista Digitale