A settembre 2024, la consistenza del credito in agricoltura ha perso 1.491 milioni di euro in un anno quindi i nuovi investimenti non coprono il rientro degli investimenti passati.
La Banca d’Italia ha rappresentato efficacemente due realtà diverse nell’agricoltura italiana: le imprese familiari sino a 5 addetti (incluse le società semplici) e le società (di persone e capitali).
Le imprese familiari nell’ultimo decennio hanno perso ben 6.390 milioni di euro di crediti (-25%) concessi dal sistema finanziario, mentre le società di persone e capitali appena 124 milioni, pari allo 0,7% in meno.
Le due partizioni (imprese familiari sino a 5 addetti e società) attualmente si equivalgono, in termini di credito, avendo il 51,2% la prima e il 48,8% la seconda. In termini di superficie agricola utilizzata (sau) le aziende familiari (che rappresentavano nel 2020 il 72,7% della sau) nell’ultimo decennio hanno perso 6.390 milioni di euro di credito perché le banche preferiscono finanziare le società: nel 2020 gli imprenditori individuali possedevano il 72,7% della sau (–3,4% dal 2010) mentre le società (di capitali, di persone e cooperative) rappresentavano, sempre nel 2020, il 22,8% della sau (+5,1% dal 2010).
Si rileva la volontà delle banche di investire in agricoltura, ma preferibilmente verso le società e in aziende con impieghi per ettaro consistenti. Le banche si fidano delle società agricole perché sono in grado di produrre la stessa documentazione delle imprese degli altri settori dell’economia: le ditte individuali agricole adottano per lo più regimi di contabilità semplificata e quindi non sono tenute a redigere il bilancio di esercizio.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 42/2024
Il credito non aiuta le pmi agricole
di V. Bisaccia
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