Nella proposta di proroga di un anno delle importazioni a dazio zero di cereali dall’Ucraina (che scade a giugno) «abbiamo già rafforzato la clausola di salvaguardia» per i produttori europei e «non c’è motivo di modificarla». Lo ha detto la portavoce per il commercio e l’agricoltura della Commissione europea Miriam Garcia Ferrer rispondendo alle domande dei giornalisti sull’annuncio di Polonia, Ungheria e Bulgaria)di voler bloccare le importazioni di derrate alimentari via «corridoi di solidarietà» dall’Ucraina.
I Paesi chiedono una clausola di salvaguardia per reintrodurre i dazi. Nel nuovo provvedimento che estende la sospensione dei dazi, ha spiegato la funzionaria, «la clausola che consente di reintrodurre i dazi è stata rafforzata, con un robusto monitoraggio sulle importazioni e sul loro impatto, la riduzione da 6 a 3 mesi del periodo di investigazione per decidere di usarla e una procedura più facile per attivarla da parte dei produttori Ue. Per questo – ha concluso Ferrer – non c’è motivo di modificare la proposta che speriamo sia approvata quando prima».
Intanto anche la Slovacchia ha vietato «temporaneamente» le importazioni del grano e di altri prodotti dall’Ucraina. Lo ha reso noto l’Ufficio del governo.
Sulla questione si è espresso anchel’eurodeputato altoatesino Herbert Dorfmann, secondo il quale «Va ripensata la politica del dazio zero, con quote per le importazioni, altrimenti il problema continuerà a porsi».
Dorfmann aveva visitato le zone confinanti nella primavera dell’anno scorso «ed già era chiaro che grano e mais non trovavano sbocco nei mercati internazionali, ma in quelli europei» racconta. «Questo stava già creando problemi e li creerà ancora nei mesi a venire con altri prodotti, come il pollame, a meno che non facciamo una riflessione seria sia sul fatto che la semplice abolizione dei dazi non è una soluzione, e sia sulla estensione di questa misura di un altro anno».
Secondo i dati definitivi resi noti dalla Commissione europea, le esportazioni di settore dell’Ucraina verso il mercato UE, a fine 2022, hanno superato in valore i 13 miliardi di euro, circa 6 miliardi in più sull’anno precedente. Con un aumento complessivo dell’88% nell’arco di un anno, l’Ucraina è diventata il terzo fornitore di prodotti agroalimentari della UE, superando gli Stati Uniti. L’import di cereali, in particolare, si è attestato sui 4,6 milioni di tonnellate per un incremento di valore del 100%. Il risultato è che i prezzi negli Stati membri confinanti sono crollati, suscitando le proteste degli agricoltori.
Secondo Confagricoltura la soluzione dei problemi in atto va trovata in ambito europeo e in accordo con le autorità di Kiev. La politica commerciale rientra tra le competenze esclusive della Commissione europea; le decisioni unilaterali degli Stati membri sono sempre contrarie alle regole dell’Unione, ma l’impatto determinato dallo straordinario aumento delle importazioni dall’Ucraina sull’agricoltura negli Stati membri confinanti richiede la massima attenzione.