Volendo sintetizzare la situazione attuale del credito agricolo in Italia si può dire che, mentre le banche vanno bene, i clienti non sono del tutto soddisfatti. In effetti nel corso del 2024 l’erogazione di credito alle imprese è ulteriormente diminuita e tale andamento interessa anche imprese e famiglie produttrici del settore agricoltura, foreste e caccia.
Contemporaneamente si è ridotto l’ammontare dei crediti in sofferenza.
Le cause di questa situazione, almeno in parte, vanno ricercate nelle modalità con cui le banche concedono il credito e ne seguono l’andamento. Modalità che sono la conseguenza dell’applicazione delle regole dell’Autorità bancaria europea, in vigore dal 2021.
Regole che hanno reso più solido il sistema bancario, ma al contempo hanno reso più difficile e pericoloso il ricorso ai finanziamenti bancari, in particolare per le piccole e medie imprese agricole. Va osservato come le conseguenze negative per le imprese siano il risultato dell’applicazione delle regole sopra richiamate mediante l’uso di algoritmi automatici.
Particolarmente critica è la situazione delle piccole imprese agricole: sia al momento dell’esame della richiesta di prestito – perché non dispongono di bilanci redatti secondo le norme di Basilea e questo crea rallentamenti nelle pratiche e, a volte, il diniego del prestito – sia per gli adempimenti necessari alla gestione del medesimo.
Infatti, le norme relative alla classificazione Utp (acronimo che in italiano equivale a «prestito difficilmente restituibile») sono particolarmente rigide e si applicano nel caso di ritardi nei pagamenti. Basta un ritardo di 90 giorni consecutivi nel pagamento di 100 euro per le esposizioni al dettaglio e di 500 (cinquecento) euro per gli altri prestiti per essere automaticamente classificati tra le «esposizioni scadute» e/o «sconfinante deteriorato».
Inoltre, un’eventuale rinegoziazione del debito dovuta a difficoltà finanziarie può comportare, in talune circostanze, una classificazione obbligatoria allo stato di default.
Da notare che la semplice classificazione tra le posizioni scadute o sconfinate, anche se la posizione viene poi sanata, prevede la segnalazione al sistema di informazioni creditizie (Eurisc), il che comporta effetti sulla capacità del debitore di accedere a crediti diversi anche in altri istituti bancari.
Le banche non possono avere una percentuale elevata di crediti classificati Utp, per cui gli istituti bancari sono incentivati a cedere tali crediti (comprensivi delle garanzie collegate) a società esterne specializzate.
L’obiettivo di queste ultime è guadagnare il più possibile e a tal fine, frequentemente, i beni del debitore presunto insolvente finiscono all’asta. Come sia possibile che non vengano messe in discussione regole in grado di trasformare un gravissimo rischio (per le banche) in un lauto guadagno per pochi (speculatori) resta un mistero.
Tra l’altro situazioni del genere «incoraggiano» comportamenti non corretti.
Si crea così un circolo vizioso dal quale è difficile uscire e che porta alla sparizione di aziende agricole economicamente valide, ma che incontrano momenti di difficoltà (calamità naturale, ritardi nei pagamenti Pac, ecc.) in presenza di regole di gestione del credito «ragionevoli» potrebbero essere superati.
Il sistema andrebbe sicuramente rivisto, ma al momento niente sembra muoversi perché la problematica viene sottovalutata.
Del resto appare difficile modificare regole generali per il solo settore agricolo, in situazioni in cui il credito viene gestito senza conoscenza diretta, ma attraverso indicatori automatici.
Forse l’istituzione di un fondo di rotazione per pagare le rate scadute di imprese in difficoltà con tempi di intervento rapidi, limiti di importo definiti e gestito da esperti del settore potrebbe essere una soluzione. In questa logica le mutue di agricoltori o gli organismi consortili esistenti in campo assicurativo potrebbero rappresentare il nucleo iniziale da cui partire per esperienze pilota.
Geremia Gios
Università di Trento
L’Opinione pubblicata su L’Informatore Agrario n. 27/2024