La partecipazione ai mercati degli agricoltori e i punti vendita in azienda sono solo alcuni tra i canali di vendita diretta che le realtà agricole possono adoperare per vendere i propri prodotti. La schiera delle opportunità si sta progressivamente ampliando a ulteriori formule smart, come l’agri-ristorazione e l’agri-catering, e-shop, gruppi di acquisto solidale, market place e negozi in partnership tra agricoltori e commercianti.
Esplorando le numerose alternative di vendita diretta, è possibile scoprire che ad affiancare il prodotto esiste una corposa offerta di servizi che si concretizzano nell’assistenza all’acquisto, nella comunicazione, nella cura e nel dettaglio delle informazioni trasmesse, nella personalizzazione dell’offerta, creando in questo modo una vera e propria esperienza di acquisto. Nel “pacchetto”, inoltre, possono essere inclusi articoli sussidiari (come ad esempio attrezzi per lavorare i prodotti, libri, e così via). L’aggregazione dei produttori, in particolare, nel pieno spirito cooperativo, potrebbe risultare strategica per far fronte ad eventuali carenze di prodotto ed amalgamare le derrate disponibili, rimanendo quindi competitivi rispetto alla grande distribuzione.
Il consumatore sofferma l’attenzione sui dettagli, sulla storia del prodotto raccontata con passione, sull’unicità dello stesso, su tradizione e radici, elementi che conferiscono valore ai beni primari, giustificando quindi un livello di prezzo superiore alla media delle situazioni di acquisto convenzionali.
Un’indagine Ismea ha testimoniato che nel 2020 il 22% del campione analizzato ha scelto di accorciare la filiera e affidarsi alla vendita diretta (contro il 17% del 2019), destinando l’82% della produzione aziendale a questo canale. Questa proiezione evidenzia comunque delle differenze da settore a settore. Nel caso dell’olio e della zootecnia da carne il valore è fissato al 21%, il vitivinicolo è pari al 20%, mentre i seminativi scendono al 18,4%, ancora più bassi il frutticolo e la zootecnia da latte. È doveroso evidenziare che il 40% delle aziende che hanno scelto il canale diretto sono certificate a biologico. L’andamento crescente della vendita diretta ha subito una notevole spinta a fronte delle difficoltà causate dal lockdown che ha obbligato le aziende ad arginare i danni adottando nuove strategie di vendita.
Le prospettive del settore food includono tra i principali requisiti richiesti dal consumatore la qualità dei cibi, a garanzia della salute e all’insegna della prevenzione. Inoltre, lo sviluppo di comportamenti etici e rispettosi dell’ambiente, insieme al senso di appartenenza sociale e al sostegno al territorio, sono fattori che influenzeranno sempre più l’acquisto. Sono pochi i consumatori italiani che rifiutano a priori l’acquisto diretto, viceversa mantengono un alto livello quelli che conferiscono a questo canale le caratteristiche di tipicità, genuinità e tradizione.
Ilenia Cescon
Fonte: Documento realizzato nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale 2014-20, Piano di azione biennale 2019-20, Scheda progetto Ismea 10.2