Le vendite di prodotti agroalimentari biologici in Italia, stando ai dati forniti dall’Osservatorio Bio Nomisma per Sana, hanno superato nel 2020 la ragguardevole cifra di 4,3 miliardi di euro di cui circa 3,9 miliardi sono da imputare ai consumi domestici (+7% rispetto al 2019).
A questi vanno poi aggiunti 2.619 milioni di euro di prodotti bio made in Italy esportati, in crescita dell’8% rispetto al 2019, e pari al 6% di tutto l’export agroalimentare italiano.
Nel 2020 il 53% delle vendite bio nel nostro Paese è stato generato dalla grande distribuzione organizzata – racconta Silvia Zuccon, responsabile Market Intelligence Nomisma – per un valore di circa 2 miliardi di euro, mentre le vendite nei negozi specializzati hanno superato i 920 milioni di euro».
Ma il settore produttivo italiano è in grado di supportare questa crescita? L’Informatore Agrario lo ha chiesto ad alcuni rappresentanti della Gdo. A parte qualche difficoltà sull’ortofrutta, in particolare pere, albicocche e aglio, le maggiori difficoltà ad approvvigionarsi di prodotti biologici italiani riguarda la frutta secca e il comparto ittico.
Noci e nocciole cominciano a essere prodotte in Italia anche se in quantità non ancora sufficiente, ma mancano le mandorle, sempre più richieste. Per sopperire alla carenza italiana di alcuni prodotti ortofrutticoli ci si affida principalmente alla Spagna per le mandorle e pistacchi, alla Francia per le noci, all’Egitto per le arachidi, alla California per le prugne e alla Turchia per nocciole.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 13/2021
Biologico italiano: cosa manca sugli scaffali
di G. Vincenzi
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