Micorrize, veri alleati per resa e qualità delle produzioni vegetali

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I funghi micorrizici sono in grado di stabilire un rapporto simbiotico con le radici di quasi tutte le colture agrarie, a eccezione di alcune piante appartenenti alle famiglie delle Brassicaceae (es. colza, cavoli, rucola, ravanello) e delle Chenopodiaceae (es. bietola, spinacio).

La simbiosi tra pianta e fungo consente a quest’ultimo la penetrazione e la colonizzazione della radice con la formazione di un micelio, intra ed extraradicale, che si estende nel terreno circostante anche in strati compatti difficilmente penetrabili dalle radici. Inoltre, la colonizzazione radicale del fungo micorrizico stimola la crescita dell’apparato radicale che presenta quindi una maggiore superficie assorbente.

I funghi micorrizici più diffusi nei terreni agrari sono Rhizophagus irregularis (ex Glomus intraradices) e Funneliformis mosseae (ex Glomus mossae) che si caratterizzano per la capacità di formare all’interno delle cellule radicali gli arbuscoli, strutture ramificate con funzione di scambio bidirezionale di nutrienti tra fungo e pianta (foto 1 e 2). Attraverso gli arbuscoli il fungo riceve dalla pianta i carboidrati per sostenere la sua crescita, in cambio di acqua ed elementi nutritivi assorbiti dalle ife extraradicali.

Radice con ife intercellulari e arbuscoli di Rhizophagus irregularis
Foto 1 – Sezione longitudinale di radice dove si evidenziano delle ife intercellulari e degli arbuscoli di Rhizophagus irregularis (ex Glomus intraradices)
Foto 2 – Osservazione al microscopio della . Nella foto in alto si osservano le ife e una spora di Glomus spp. (colore rosa) invase internamente dalle ife di Trichoderma (colore blu). Nella foto sottostante si nota una vescicola di Glomus spp. (colore rosa) invasa da ife di Trichoderma (colore blu). Fonte: De Jaeger et al. (2010) per gentile concessione di Oxford University Press.

L’incremento della disponibilità dei nutrienti indotto dalla micorrizazione radicale è particolarmente elevato soprattutto per gli elementi poco mobili nel suolo come il fosforo e i micronutrienti. Oltre a una maggiore tolleranza della coltura a condizioni di stress idrico, le piante micorrizzate tollerano meglio altri tipi di stress abiotico come la salinità, l’alcalinità e l’eccesso di elementi potenzialmente fitotossici.

Le piante micorrizzate evidenziano anche una maggiore tolleranza alle avversità biotiche (es. funghi patogeni tellurici, nematodi) in quanto: i tessuti radicali sono più suberificati e lignificati. Inoltre, le radici micorrizate, essendo più efficienti nell’assorbimento dell’acqua e dei nutrienti, riescono a compensare parzialmente la riduzione di funzionalità degli apparati radicali causata dall’attacco dei patogeni o parassiti limitandone gli effetti negativi sulla pianta.

Un interessante effetto positivo indotto dalla micorrizazione radicale è il miglioramento dell’uniformità delle colture in campo, soprattutto in terreni caratterizzati da gradienti di fertilità, grazie a una riallocazione delle risorse (es. nutrienti) tra le piante a opera del reticolo ifale del fungo che interconnette gli apparati radicali di piante diverse.

Per quanto riguarda la fertilità fisica del suolo, i funghi micorrizici rilasciano una glicoproteina molto resistente alla degradazione, la glomalina, che cementa gli aggregati favorendo la strutturazione del suolo.

Studi recenti hanno evidenziato anche come in diversi prodotti ortofrutticoli ottenuti da piante micorrizate vi è un incremento di metaboliti secondari (carotenoidi, polifenoli, stilbeni) che sono ritenuti benefici alla salute umana. Tale miglioramento della qualità nutrizionale del prodotto rappresenta una grande opportunità per il comparto agroalimentare, che può adottare adeguate indicazioni nutrizionali e salutistiche nelle etichette e sviluppare nuovi cibi funzionali.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 21/2016
Biostimolanti microbici, un aiuto alla crescita delle piante
di G. Colla, A. Fiorillo, M. Cardarelli, Y. Rouphael
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