A partire dalla fine degli anni 80 la concimazione della vite in Italia ha evidenziato un’inversione di tendenza rispetto a un recente passato. Alla base di questo atteggiamento riflessivo nei confronti di uno strumento produttivo così importante ci sono diverse motivazioni, tra le quali gli effetti del cambiamento climatico sulle manifestazioni vegeto-produttive della vite e una mutata sensibilità del viticoltore nei confronti della sostenibilità ambientale.
La concimazione è stata accusata, spesso erroneamente, di essere la causa di eccessi di vigore, alla base dell’incremento dei danni da malattie parassitarie, botrite in primis, di contribuire all’arricchimento in falda di elementi minerali e al peggioramento della qualità del mosto.
In questi anni si è peraltro assistito a un progressivo «invecchiamento» dei vigneti con conseguente riduzione delle produzioni/ceppo causata in parte dal cambiamento climatico (e dallo stress idrico) e in parte da una progressiva riduzione della presenza nel suolo di elementi minerali necessari per garantire il rinnovo vegetativo della vite che ha bisogno per la sua crescita primaverile di elevate disponibilità di alcuni elementi minerali, soprattutto azoto, in tempi molto brevi.
Si è inoltre sottovalutato il contributo degli elementi minerali sia come fattori plastici sia catalitici nella sintesi di alcuni metaboliti secondari responsabili del patrimonio polifenolico e aromatico dei vini.
Per contro la viticoltura biologica vieta la concimazione con concimi di sintesi e gli interventi agronomici tesi a incrementare la sostanza organica nei suoli, ma l’inerbimento permanente o i sovesci non hanno sortito gli effetti desiderati e non sono stati capaci di supplire alle asportazioni annuali degli elementi minerali nei vigneti.
Riscoprire il rapporto tra nutrizione minerale e qualità del vino
In questi ultimi anni la ricerca sulla nutrizione della vite ha riprogrammato i suoi obiettivi attraverso un nuovo paradigma interpretativo che tiene soprattutto conto dei rapporti tra nutrizione minerale e qualità dei vini. Queste ricerche, favorite anche dallo sviluppo delle tecniche analitiche, sono state condotte in molti Paesi viticoli evidenziando il ruolo essenziale di alcuni elementi sul profilo sensoriale dei vini.
Gli studi si sono particolarmente orientati al ruolo dell’azoto, l’elemento più penalizzato nelle scelte del viticoltore e se in passato si è talvolta esagerato, in quanto il criterio che orientava la viticoltura era la produttività, ora si è passati all’estremo opposto, per il quale molti vigneti non ricevono azoto da molti anni.
Il terroir, e in particolare il funzionamento del suolo in relazione all’andamento meteorologico dell’inizio annata nelle fasi immediatamente successive al germogliamento, si dimostra essere il fattore più critico.
Infatti, le condizioni della primavera si dimostrano, contrariamente alle conoscenze del passato, avere il maggior impatto sulle caratteristiche del millesimo. Questo consente di affermare che le condizioni nutrizionali sfavorevoli nelle prime fasi di sviluppo della vite devono essere prontamente corrette.
È la dinamica del potassio, sebbene correlata a quella dell’azoto, che presenta le implicazioni più interessanti sulla qualità del vino. L’accumulo del potassio nei tessuti vegetali è molto precoce: le annate che hanno maggiore disponibilità di piogge in primavera sono quelle che ne favoriscono l’assorbimento radicale, mentre dall’invaiatura alla maturazione dell’uva si assiste soprattutto a una forte traslocazione del potassio alle bacche e l’intensità del fenomeno è fortemente favorita dalle alte temperature del periodo.
Con il cambiamento climatico questo «scarico» di potassio verso le bacche nel periodo della maturazione avviene con sempre maggiore frequenza anche nelle viticolture settentrionali, nelle quali in passato la vite aveva invece grandi fabbisogni di potassio con diffusi sintomi di carenza.
L’eccesso è molto più subdolo della carenza perché solo in alcuni casi è evidenziato dalla carenza di magnesio, il cui assorbimento è ostacolato dal potassio.
Riccardo Cotarella