Con il recepimento della Direttiva NEC (UE) 2016/2284 (National Emission Ceiling, letteralmente: «Tetto Nazionale delle Emissioni»), l’Italia si trova impegnata a perseguire gli obiettivi di miglioramento della qualità dell’aria tramite una drastica diminuzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici, tra i quali l’ammoniaca (NH3).
La volatilizzazione di NH3 dovrà essere ridotta del 5%, ogni anno e per un decennio, a partire dal 2020, coinvolgendo in primo luogo il settore agricolo, il quale, secondo le valutazioni dell’Ispra, è responsabile per circa il 94% delle emissioni complessive del gas a livello nazionale. L’ammoniaca impatta negativamente sia sull’ambiente (per esempio eutrofizzazione delle acque) sia sulla salute dell’uomo, agendo, tra l’altro, da precursore del particolato atmosferico (PM2,5 e PM10).
È noto che la volatilizzazione di NH3 dovuta alla distribuzione di concimi azotati è fortemente influenzata dalle proprietà del suolo.
A pH crescenti, cresce in maniera esponenziale anche la velocità con cui l’urea e i concimi ammoniacali si trasformano in ammoniaca, con una soglia di pH uguale a 7 oltre la quale la volatilizzazione risulta particolarmente impattante. Appare evidente la criticità del territorio veneto, il quale è caratterizzato per oltre il 70% da suoli alcalini (pH >7) nei quali le perdite di azoto per volatilizzazione possono superare il 50% di quello distribuito con la concimazione.
Agrotecniche per limitare la volatilizzazione
Uno studio nato dalla collaborazione dell’Università di Padova (dipartimento Dafnae) e Regione Veneto nell’ambito del progetto Life PrepAIR (LIFE15 IPE IT013) coordinato dalla Regione Emilia-Romagna, ha valutato l’impatto di diverse strategie di distribuzione dei fertilizzanti per limitare la volatilizzazione di ammoniaca.
Dallo studio emerge che, qualora non venga adottata alcuna BAT (dall’inglese Best Available Technologies – migliori tecniche disponibili) si stima un tasso di volatilizzazione di ammoniaca a seguito della distribuzione superficiale di urea in mais mediamente del 60% su suoli alcalini a rischio «Intermedio» e del 25% in suoli tendenzialmente acidi.
In suoli con rischio «Intermedio», si stima che la sarchiatura possa ridurre mediamente la volatilizzazione del 18%, con punte del 27%, rispetto alla distribuzione superficiale (tabella 2).
Su questi particolari suoli, la riduzione non raggiunge mai la soglia del 30% rendendo la sarchiatura una tecnica non sempre idonea per perseguire gli obiettivi normativi. Infatti, sebbene buona parte dell’urea venga interrata, una porzione di essa rimane in superficie o viene interrata troppo superficialmente – primi 1-2 cm – limitando di fatto l’efficacia complessiva della lavorazione.
Una distribuzione più profonda, accompagnata da interramento completo con chiusura del solco, potrebbe portare a riduzioni di volatilizzazione più significative, mediamente pari al 38%.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 26/2020
Emissioni di ammoniaca: ridurle con le buone pratiche
di N. Dal Ferro, M. Mencaroni, M. Longo, J. Furlanetto, L. Sartori, F. Morari
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