Oidio della vite, pericolosità e fattori predisponenti

Infezione di oidio su tralcio

Nonostante sia noto dalla metà 800 e numerosi studi abbiano contribuito a chiarire alcuni importanti aspetti epidemiologici, l’oidio, Erysiphe necator (Oidium tuckeri nella forma conidica) costituisce ancora una grave patologia della vite che, soprattutto negli ultimi anni, ha visto una recrudescenza di attacchi anche in zone collinari dell’Italia settentrionale e dove non rappresentava un patogeno chiave per la coltura.

Si tratta di un micete ectorofico obbligato (ossia compie il suo ciclo biologico interamente ed esclusivamente sulla vite) in grado di aggredire superficialmente tutti gli organi verdi della pianta foglie, peduncoli, tralci erbacei, e gli acini, già a partire dalla loro formazione, dei quali colonizza solo le cellule epidermiche attraverso strutture specializzate chiamate austori.

I sintomi sono facilmente riconoscibili dalla tipica muffa biancastra che invade la superficie attaccata. Solo in caso di infezioni precoci su foglie in accrescimento si può assistere a una lieve deformazione e bollosità del lembo fogliare, che fa individuare la malattia solo ai più esperti. Generalmente le foglie giovani sono più suscettibili delle vecchie e la malattia si evidenzia soprattutto sulla pagina inferiore per la sua minore esposizione ai raggi ultravioletti, che risultano dannosi per l’insediamento del patogeno. I tralci possono essere attaccati solo fino a quando mantengono una consistenza erbacea, poiché la lignificazione non consente la penetrazione degli austori. Anche i grappoli risultano recettivi durante la fase erbacea, quindi fino all’invaiatura, e il momento di massima suscettibilità si ha nella fase pre e post-fiorale.

I danni che questa patologia può causare possono essere sia diretti (minore peso dei grappoli, minore numero degli acini, cattiva lignificazione dei tralci) sia indiretti (ridotta attività fotosintetica, aumento di acidità, fenoli e acido tartarico, variazione della popolazione microbica, insediamento di altre patologie).

È nota la suscettibilità dei diversi vitigni: tra quelli più aggredibili si segnalano Chardonnay, Montepulciano, Malvasia, Verdicchio, Italia, Grechetto, ecc.

Tutti questi fattori concorrono a determinare un prodotto scadente. Infatti, il vino ottenuto da grappoli anche con il solo 3% di superficie attaccata risulta di scarse caratteristiche qualitative.

Influenza dei fattori ambientali

Fattori ambientali sfavorevoli alla malattia sono costituiti da:

  • temperature elevate, infatti oltre 33-35 °C è inibita la germinazione dei conidi e rallentato l’accrescimento delle colonie;
  • elevata intensità luminosa, poiché la radiazione solare diretta esercita un’azione negativa sullo sviluppo delle infezioni riducendo di due terzi la germinazione dei conidi;
  • prolungate bagnature degli organi vegetali, poiché i conidi vengono danneggiati dall’acqua libera.

La massima suscettibilità dei grappoli e la maggiore espressione sintomatica si ha, generalmente, dalla fioritura fino a fine luglio ed è non infrequente osservare, soprattutto negli ultimi anni, recrudescenze della malattia anche dopo l’invaiatura.

Pluriennali osservazioni sperimentali e di campo indicano la necessità e l’importanza di strategie preventive e precoci. Nel caso in cui vengono trascurati gli interventi precoci, iniziando i trattamenti dalla pre-fioritura, il contenimento delle successive infezioni risulta, sempre, molto più difficoltoso.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 10/2018
Contro l’oidio su vite interventi preventivi e precoci
Di D. D’Ascenzo, D. Di Silvestro
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