Ma gli agrofarmaci servono davvero? Tante volte si sente fare questa domanda e spesso le risposte non hanno alcun contatto con la realtà. A Fieragricola 2020 si è cercato di fare chiarezza in un convegno organizzato da L’Informatore Agrario con Agrofarma, prendendo spunto dal fatto che il 2020 è l’Anno internazionale per la salute delle piante.
Gabriele Canali, dell’Università Cattolica di Piacenza, ha illustrato i risultati di una analisi compiuta su 18 filiere, che rappresentano 15 miliardi di euro di valore della produzione agricola italiana: se le colture non fossero protette attraverso l’impiego di agrofarmaci ci sarebbe una riduzione della plv a 4 miliardi di euro, con una perdita, quindi di 9 miliardi. Effetto più importante ancora sulla produzione agroalimentare industriale, il cui valore crollerebbe da 25,5 miliardi di euro a poco più di 5 miliardi.
Insomma, il non utilizzo di agrofarmaci avrebbe un effetto devastante per l’agroalimentare italiano.
Dobbiamo darci una visione di medio lungo periodo dell’agricoltura – ha sostenuto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini – a partire dal comportamento dell’Europa, poco attenta all’entrata di avversità aliene come la cimice asiatica, che solo nel 2019 ci è costata 740 milioni di euro.
Non possiamo più avere tempi così lunghi per autorizzare i nuovi agrofarmaci, il rischio è che nell’attesa perdiamo le colture e quindi le aziende. Per quanto riguarda la lotta alla cimice ci serve la deroga sull’unico prodotto efficace contro la cimice, il clorpirifos metile.
L’Italia – ha aggiunto Prandini – deve tornare a investire nella ricerca, sia economicamente sia tecnologicamente per sostenere le nuove sfide che l’agricoltura è chiamata a vincere: i prodotti fitosanitari diminuiranno in termini di quantità impiegate ma aumenterà il loro valore perché saranno più sostenibili. Per questo serve la ricerca.
Alberto Ancora, presidente di Agrofarma, ha dichiarato che l’industria degli agrofarmaci è al fianco degli agricoltori per aiutarli a raggiungere a vincere le sfide che l’agricoltura è chiamata ad affrontare, in termini di sostenibilità e qualità, non solo mettendo a disposizione nuovi prodotti ma anche investendo sull’innovazione a partire dall’agricoltura digitale, dalle piattaforme per raccogliere e gestire big data e informazioni raccolte sul campo.