Sei anni di prove sperimentali, 34 partner tecnico-scientifici (5 Università, 5 Istituti di ricerca, 24 Centri di saggio), 32 esperienze di selettività, 56 prove residui, oltre 250 campioni analizzati.
Questa l’attività svolta dal 2011 a oggi. Ma il viaggio della molecola Xemium, frutto dell’innovazione Basf, è iniziato oltre 10 anni fa. La presentazione di Xemium, definita «la molecola intelligente», è avvenuta nelle scorse settimane a Milano all’interno di un evento organizzato da Basf.
«L’innovazione richiede investimenti – ha affermato nel suo intervento Alberto Ancora, head of business management crop protection south Europe di Basf – e oggi, per selezionare una molecola, occorrono almeno dieci anni di ricerche e cospicue risorse economiche. Xemium è il frutto di questi investimenti, a dimostrazione di quanto il mercato italiano, leader nelle colture mediterranee e pioniere dell’innovazione sostenibile, rappresenti per Basf un asset strategico. Gli agrofarmaci sono il cuore della nostra offerta e anche per questo, in Italia, da qui al 2021 è prevista la registrazione su numerose colture di 23 nuovi prodotti».
Valorizzare l’innovazione
«Ed è proprio per le eccellenze italiane frutticole, orticole e cerealicole riconosciute in tutto il mondo che è nata Xemium – gli ha fatto eco Livio Tedeschi, head regional business unit Europa, Cis, Asia centrale, Africa e Medio Oriente della divisione Basf Crop Protection – per supportare un’agricoltura di qualità con soluzioni, servizi e programmi di difesa fatti su misura, in cui l’innovazione può essere valorizzata proprio dall’elevata professionalità della filiera agroalimentare».
Xemium la molecola intelligente. Così è stata definita. Ma anche versatile, dalle prossime settimane a disposizione degli agricoltori in tre distinti fungicidi, che verranno immessi in commercio col nome di Sercadis, Priaxor e Dagonis, quest’ultimo di prossima registrazione. Il primo dedicato alla difesa di frutta e vite, il secondo a quella del frumento e il terzo alle colture orticole.
«Autorizzato su pomacee e drupacee e vite – ha spiegato nel suo intervento Vanes Rubboli, crop manager Basf – Sercadis è il primo formulato a base di Xemium a essere stato autorizzato ed è quindi disponibile per gli agricoltori da subito. Efficace e affidabile, può essere utilizzato in modo preventivo anche nei momenti più difficili del ciclo colturale, nelle fasi di massima sensibilità e di maggior pressione delle malattie. Vanta inoltre un favorevole profilo residuale, che lo rende idoneo all’inserimento in programmi di difesa a residuo controllato».
Più cultura scientifica
L’evento di presentazione di Xemium ha potuto tra l’altro contare sulla presenza di Paolo De Castro, oggi vicepresidente della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo.
A lui, a inizio lavori, è toccato il compito di delineare gli scenari agricoli del futuro e sottolineare l’evoluzione di un comparto che sarà sempre più al centro di processi innovativi e strategici mondiali. «A livello globale stiamo vivendo un’epoca in cui la richiesta di cibo è superiore a quanto il mondo produce – ha osservato – e secondo i dati della Fao (Food and agriculture organization, ndr) nel 2050 la domanda toccherà il 70% di produzione agricola in più rispetto a oggi. Che fare per evitare di trovarci nell’impossibilità di rispondere a questa nuova esigenza? Come aumentare la produzione agricola consumando meno terreno? La risposta è molto semplice: innovando e investendo nella ricerca scientifica. Ma non basta.
Oggi più che mai è necessario migliorare la comunicazione verso l’opinione pubblica, perché quello che la gente spesso non sa è che proprio grazie alla ricerca e all’innovazione l’utilizzo in agricoltura di prodotti antiparassitari è migliorato e che è merito dell’agricoltura di precisione se i quantitativi di agrofarmaci utilizzati possono essere ridotti, aumentandone però l’efficacia. Questa è cultura scientifica – ha concluso De Castro – un elemento di cui non possiamo fare a meno».
Per ulteriori informazioni: www.agro.basf.it
Articolo di A. Mossini pubblicato su L’Informatore Agrario n. 7/2018