«Più di 20 consortili nate in varie regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli), con l’obiettivo di realizzare altrettanti nuovi impianti di biometano ottenuto da sottoprodotti agricoli ed effluenti zootecnici, per una capacità produttiva totale di oltre 50 milioni di metri cubi annui», così Luca Malavasi, AD di Bio.Methane.Hub, traccia il bilancio della società partner del gruppo
CGBI-Confederazione dei bieticoltori impegnata a fornire assistenza tecnico-specialistica alle aziende agricole che vogliono investire nelle energie rinnovabili, intraprendendo la strada della crescita sostenibile e della decarbonizzazione, anche sulla spinta dei fondi messi a disposizione dal PNRR.
Un ruolo che vuole essere sempre più di supporto alle filiere agro-energetiche, come quelle avviate da CGBI con Granarolo e distintamente con Fruttagel, per dare impulso alla produzione di biometano agricolo, riducendo l’impatto ambientale ma anche i costi di trasformazione all’interno degli stabilimenti agroindustriali.
Fattibilità economica e copertura finanziaria
L’Hub del biometano, nel suo primo anno di attività, ha lavorato per coinvolgere e aggregare 230 aziende agricole in società consortili, studiando la fattibilità e sostenibilità economica di ogni singolo progetto, garantendo anche la copertura finanziaria. «Per ogni realtà costituita, che non ha alcuna finalità lucrativa ma persegue essenzialmente gli scopi propri dei consorzi – chiarisce l’amministratore delegato – è stata fatta anzitutto un’analisi approfondita dei sistemi di allevamento presenti nel territorio, il tipo di reflui e le vasche di stoccaggio, finanche il calcolo della biomassa complessiva prodotta nel raggio di 10 chilometri dalla futura sede del digestore, essenziale per stabilire la capacità produttiva di ciascun impianto. Tra i soci promotori ci sono allevatori e cooperative aderenti a CGBI, queste ultime si occuperanno della gestione amministrativa e della fornitura di sottoprodotti agricoli diversi dai reflui zootecnici incluse le barbabietole a uso energetico».
L’impegno per l’allevatore: conferire liquame e letame
Quale impegno assume l’allevatore sottoscrivendo l’atto? «Solo quello di conferire per 15 anni liquame e letame all’impianto, in cambio riceverà la spettante quota di digestato già trattato nel rispetto dei limiti di azoto al campo previsti dalla normativa vigente. Numerosi sono invece i vantaggi: l’allevatore potrà infatti destinare all’impianto tutti gli effluenti zootecnici prodotti attestando, da un lato, l’abbattimento delle proprie emissioni anche quelle odorigene, dall’altro la riduzione di oltre il 50% dell’azoto contenuto nei liquami trattati prima dello spandimento sui terreni aziendali. Ne scaturirà un nuovo sistema agricolo più sostenibile». L’impatto positivo sull’ambiente è dato anche dall’uso agronomico del digestato derivato dal processo di digestione anaerobica: un prodotto naturale dall’alto valore fertilizzante in grado di favorire la transizione agro-ecologica, aumentare la sostanza organica del suolo e sostituire il concime chimico.
I tanti servizi offerti
Tommaso Honorati, presidente di Bio.Methane.Hub, si sofferma sui servizi offerti: individuazione, localizzazione, quantificazione delle biomasse disponibili; commercializzazione delle stesse; organizzazione del piano di approvvigionamento, logistica e trasporto, e della gestione del digestato; assistenza alla progettazione definitiva dell’impianto; vendita del seme di barbabietola da biogas con assistenza in campo.
«La nostra società si occupa anche di raccogliere e vagliare la documentazione che attesta la sostenibilità delle biomasse impiegate, interfacciandosi direttamente con l’ente certificatore: uno step obbligatorio, richiesto dalle nuove norme incentivanti per il comparto del biogas e biometano», sottolinea e guarda avanti, alle aziende agricole che vogliono investire in impianti di produzione di energia elettrica da biogas di piccola taglia, sfruttando le agevolazioni del decreto FER 2 da poco approvato.
«È una grande opportunità per gli allevatori che vogliono avere un proprio impianto alimentato da biogas (potenza non superiore a 300 kW elettrici).
Con loro possiamo mettere a punto studi di fattibilità, elaborare business plan, aiutarli nelle scelte operative, fino alla fase di progettazione e costruzione dell’impianto».