Il contesto macroeconomico sempre più complesso e in continuo cambiamento ha riproposto con forza la necessità di efficientare i mezzi tecnici che contribuiscono a migliorare le rese e a realizzare un’agricoltura sempre più sostenibile, in linea con quanto definito dalla strategia Farm to Fork. In questo scenario, un tema di grande attualità riguarda i fertilizzanti azotati.
BASF è da sempre a fianco degli agricoltori nel proporre soluzioni che includono una corretta gestione del suolo e delle risorse azotate, riducendo l’impatto ambientale di determinate pratiche agricole, quali la fertilizzazione. A dimostrazione di questo, lo scorso 24 giugno ha presentato i risultati ottenuti nelle prove presso l’azienda agricola Valletta (Bologna) grazie all’impiego delle sue soluzioni per stabilizzare l’azoto: Limus, inibitore dell’ureasi che rallenta l’attività dell’enzima riducendo la volatilizzazione dell’ammoniaca, Vizura e Vibesol, stabilizzatori dei batteri del terreno responsabili del processo di conversione dell’azoto da ammoniacale a nitrico per le matrici organiche e minerali.
L’analisi dei risultati ha dimostrato che l’utilizzo di inibitori come Limus (ureasi), Vibesol (nitrificazione) e Vizura (nitrificazione) porta a una riduzione dell’anidride carbonica da un minimo del 32% a un massimo del 38% rispetto alle emissioni di campi coltivati mediante impiego di concimi convenzionali minerali.
Nel corso dell’evento che ha coinvolto istituzioni e rappresentati della filiera agroalimentare, Marco Acutis, professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano, grazie all’ausilio di un modello scientificamente validato ha stimato le emissioni di anidride carbonica dell’azienda agricola Valletta, per gli anni 2022-2040, con l’utilizzo della fertilizzazione azotata inibita basata sulle indicazioni emerse dalle prove condotte con le linee BASF. Lo studio ha evidenziato chiaramente come, considerando i parametri pedologici, metereologici e colturali, un grosso ruolo nelle emissioni venga giocato dalle fertilizzazioni, oltre che dall’interramento dei residui colturali; introducendo le tecniche colturali dell’urea e del biodigestato inibiti è emersa una riduzione di emissioni di oltre 600 kg di CO2 equivalenti.
“Abbiamo voluto dimostrare – ha affermato Gian Luca Tabanelli, business manager P&SS di BASF in Italia e Israele – che esiste una proposta di valore ambientale, oltre che economica, realizzabile con l’impiego delle nostre tecnologie di inibizione di concimi e biodigestati. L’ottimizzazione e l’efficientamento dell’azoto nel terreno può contribuire quindi alla riduzione sia dell’attività nitrificante sia della produzione di gas serra, con un impattano anche sul bilancio economico dell’azienda grazie a minori sprechi di concime”
“Gli stabilizzatori dell’azoto – ha aggiunto Stefania Meloni, regulatory, PGA e sustainability manager della divisione Agricultural Solutions di BASF – sono uno degli strumenti che possono contribuire a raggiungere gli obiettivi definiti dall’Unione europea. L’innovazione tecnologica ha oggi più che mai un ruolo chiave nel rendere l’agricoltura maggiormente sostenibile. Prodotti come Limus e Vizura diventano quindi soluzioni chiave per supportare questa transizione e ridurre la perdita nell’ambiente di nutrienti fino al 50%, oltre a rendere più efficiente l’uso di fertilizzanti, in linea con gli obiettivi di riduzione del 20% previsti dalla strategia Farm to Fork”.
BASF stima che gli stabilizzatori dell’azoto possano diminuire di un terzo l’impronta dei fertilizzanti usati in Unione Europea, eliminando in un anno circa 32 milioni di tonnellate di CO2, un valore paragonabile alla riduzione di 8,9 milioni di macchine dalle strade.