Tutto lascia supporre che il 2020 sarà un anno particolarmente siccitoso. La prospettiva è realistica visti gli andamenti climatici di inizio anno. Altro problema per l’agricoltura sono le temperature, soprattutto le massime, che in Italia sono state più alte di 1,4 ° C rispetto alla media del trentennio 1988-2018.
In alcune regioni la situazione sta diventando preoccupante per la mancanza di piogge, i terreni sono secchi e in alcuni casi si pensa già a piani straordinari per l’irrigazione. Occorre perciò un cambio di passo anche nella scelta di colture meno esigenti di acqua. Questo vale in particolare nelle tradizionali aree maidicole del Nord Italia, come il Delta del Po, dove alle strutturali carenze idriche si associa il fenomeno del «cuneo salino», cioè della risalita dell’acqua marina lungo il corso del Po e nelle falde.
Fra le coltivazioni in grado di resistere e adattarsi a condizioni estreme spicca il sorgo, le cui superfici sono date in aumento nelle semine primaverili nelle aree a tradizionale vocazione dell’Emilia-Romagna, delle Marche e del basso Piemonte.
«Questa pianta rustica, versatile e dalle profonde radici – spiega Giovanni Toffano, direttore commerciale di RV Venturoli – è maestra nell’ottimizzare le risorse idriche del suolo. Sono molti gli agricoltori che per questi motivi stanno manifestando la volontà di seminare il sorgo in alternativa al mais».
«Gli eventi climatici estremi cui stiamo assistendo da qualche anno a questa parte in Pianura Padana dimostrano la grande adattabilità del sorgo a fronteggiare condizioni critiche, con una adattabilità ben superiore a quella del mais – aggiunge Toffano. Una serie di considerazioni economiche e ambientali rendono il sorgo un’alternativa molto interessante, sia per i risparmi sui costi colturali (energia, concimi, ecc.) sia per una complessiva maggior sostenibilità legata al fabbisogno idrico contenuto».
Articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 11-12/2020