Negli ultimi anni il reimpiego aziendale, ossia la pratica di utilizzare ai fini della semina la granella del raccolto dell’anno precedente, ha conosciuto un certo incremento per la supposizione, da parte dell’agricoltore, che rinunciare al «cartellino CREA», ossia all’impiego di seme ufficialmente certificato, comportasse un risparmio. Al di là delle scelte individuali, è importante considerare i vantaggi che l’adozione del seme certificato porta al bilancio aziendale, in particolare in termini di resa agronomica, sanità dei raccolti e, soprattutto, di maggior reddito.
Questi concetti sono stati confermati da una prova commissionata nell’autunno 2018 da Assosementi a Horta, società collegata all’Università del Sacro Cuore di Piacenza, avente per oggetto un confronto tra seme certificato e non certificato. Tale prova si è svolta in due stazioni, a Ravenna e a Foggia, utilizzando sia sementi ufficialmente certificate e conciate industrialmente, sia «granella aziendale» idonea al reimpiego, anch’essa successivamente trattata con concia standard, ossia «C3», appartenenti a varietà ampiamente diffuse sul territorio quali il frumento duro Saragolla e il tenero PR22R58.
In totale, tra le due specie, sono state testate 8 differenti fonti di seme «aziendale», ossia non certificato, con l’obiettivo di replicare l’ordinarietà con la quale esse potevano essere disponibili per gli agricoltori. In questo primo anno la prova ha fornito alcune informazioni interessanti, benché parziali visto il recente avvio, che tuttavia possono suggerire alcune considerazioni. Sia per quanto riguarda il grano duro sia per il grano tenero le tesi non certificate e non conciate a livello industriale, seminate nelle consuete condizioni di densità aumentata di circa il 20%, hanno evidenziato rese inferiori rispetto alle tesi ufficialmente certificate, conciate industrialmente e seminate alla densità consigliata dalla ditta sementiera.
Anche alcuni aspetti fitosanitari sono stati indagati, in particolare attraverso lo studio della germinabilità, dove le fonti certificate e conciate industrialmente hanno mostrato minore comparsa di muffe rispetto alle altre fonti.
Provando a calare queste informazioni nella realtà produttiva di un’azienda agricola, si può prevedere un aumento della redditività grazie all’uso di seme certificato, sufficiente a suggerire l’opportunità di impiegarlo in tutti i casi.
Articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 38/2019