I fattori che influenzano la qualità del vino variano in base a moltissimi fattori, alcuni legati al territorio, altri al clima ed altri ancora alla tecnica agronomica in vigneto.
Tra questi ultimi la fertilizzazione minerale gioca un ruolo fondamentale, eppure in questi ultimi anni sembra che i viticoltori non gli attribuiscano l’importanza che merita.
Partendo da questo assunto, azoto, fosforo e potassio sono stati protagonisti lo scorso 5 luglio, presso il Museo del Vino e delle Scienze Agroalimentari di Castiglione in Teverina (VT), di un interessante incontro tecnico con degustazione coordinato da Riccardo Cotarella, uno dei più conosciuti e stimati enologi d’Italia.
Dopo i saluti da parte del presidente del Wine Research Team Vincenzo Tassinari, ha preso la parola Attilio Scienza, docente di viticoltura ed enologia dell’Università di Milano: «sempre più ci si imbatte in vigneti al di sotto della soglia minima della sopravvivenza, dove l’area fogliare non è più capace, non solo di alimentare i pochi grappoli ma di garantire le sufficienti riserve per continuare il ciclo vegeto- produttivo degli anni successivi. Si assiste a un progressivo «invecchiamento» dei vigneti con conseguente riduzione delle produzioni/ceppo, favorito da una progressiva riduzione della presenza nel suolo di elementi minerali necessari per garantire il rinnovo vegetativo della vite che si ricorda, essendo una lianosa, ha bisogno per la sua crescita «impetuosa» primaverile (fino a qualche centimetro al giorno) di elevate disponibilità di alcuni elementi minerali, azoto soprattutto, in tempi molto brevi».
Secondo Scienza il cambiamento climatico ha esasperato questo indebolimento, inducendo un minor vigore, che si traduce in una costante e progressiva riduzione di produttività anno dopo anno.
Effetti della nutrizione minerale sulla qualità del vino
«Con una sperimentazione realizzata in collaborazione con EuroChem Agro condotta nel biennio 2017-2018 (pubblicata su L’Informatore Agrario n. 20-2019) in un vigneto di Chardonnay di circa 10 anni su un terreno sabbioso-argilloso dell’Italia centrale (Umbria) – ha spiegato Cotarella – abbiamo messo a confronto, oltre al testimone non concimato, due tesi con due formulazioni di concimi complessi (Entec Perfect, NPK 14+7+17+2 MgO+22 SO3 con potassio da solfato e microelementi e con inibitore della nitrificazione 3,4 DMPP e Nitrophoska Special, NPK 12+12+17+2 MgO+20 SO3 con potassio da solfato e microelementi di Eurochem Agro). I risultati hanno sorpreso anche me – ha evidenziato Cotarella – perché non pensavo che azoto, fosforo e potassio potessero avere un’influenza così elevata sul vino».
Risultati confermati dalla degustazione
La degustazione di tre vini, corrispondenti alle tre differenti tesi, ha confermato i risultati emersi dalla prova, il vino proveniente dalla tesi concimata con Nitrophoska, infatti, ha evidenziato una struttura decisamente più complessa delle altre due tesi, soprattutto di quella non fertilizzata.
I partecipanti all’evento, tecnici vitivinicoli, enologi ed addetti al settore, hanno espresso giudizi molto simili: la tesi Nitrophoska ha determinato un vino di colore più intenso, più complesso al naso, di maggiore equilibrio per le sensazioni olfattive e quindi più appagante oltre che, è emerso dalla discussione, più facilmente apprezzabile dal consumatore e quindi più vendibile. Diversi tra i partecipanti, e anche lo stesso Cotarella, hanno però sottolineato come la tesi Entec Perfect abbia fatto produrre un vino tendenzialmente meno aromatico rispetto al Nitrophoska ma nettamente migliore al confronto con il non concimato e soprattutto un vino con elevate potenzialità, si tratta solo di attendere la sua naturale evoluzione.
«Noi non siamo sorpresi dei risultati di questa sperimentazione – ha concluso Massimo Rossini, direttore generale di EuroChem Agro Italia – perché sappiamo bene quanto sia importante la nutrizione minerale del vigneto con i prodotti giusti nei momenti giusti per ottenere vini di alta qualità. Il mercato del vino è in continua evoluzione – ha aggiunto Rossini – e quindi anche le agrotecniche devono evolvere, ma per farlo hanno bisogno di ricerca, sperimentazione e anche giusta comunicazione».
Lorenzo Andreotti