Qualità e produttività possono suonare come il classico slogan in agricoltura, ma per il kiwi italiano devono diventare due parole d’ordine.
Il motivo di questa necessità è semplice: Italia e Nuova Zelanda, dopo aver affrontato alcuni anni di crisi dovuta agli effetti della batteriosi (PSA), sono in fase di ripresa e continuano a dividersi il primato mondiale, ma è in atto un’evidente progressione della produzione nei Paesi che, ultimamente, hanno fortemente puntato sull’actinidia.
Il primo di questi è la Grecia, la cui competizione è avvertita in modo più diretto proprio dall’Italia, che ha un calendario sovrapponibile. I numeri parlano chiaro, la produzione italiana di kiwi nel 2019 si aggira sulle 371.000 t, quella greca ha ormai superato le 220.000 con un trend in crescita.
Per ribadire la leadership produttiva del nostro paese l’azione della ricerca è fondamentale, così come lo è la valorizzazione qualitativa delle produzioni per evitare che queste siano associate a semplici commodities indifferenziate destinate a competere solamente in termini di prezzo.
Questo in sintesi il messaggio emerso dal convegno “Actinidia – Innovazione e ottimizzazione della gestione agronomica e nutrizionale” organizzato da Cifo a Latina lo scorso 6 dicembre.
Dopo i saluti iniziali da parte del presidente dell’ordine degli agrotecnici di Latina Fabrizio Isolani e del responsabile vendite di Cifo Massimo Andreotti, l’incontro è entrato nel vivo con l’intervento di Giovani Fontaniello, tecnico di Sagea, che ha evidenziato come il cambiamento climatico rappresenti una minaccia sempre più concreta: «gli inverni sono sempre più miti con il risultato che con maggiore frequenza si assiste ad un prolungamento della fase di dormienza dell’actinidia, determinando una irregolare e variabile schiusura delle gemme.
Anche in provincia di Latina l’actinidia fatica molto ad accumulare le ore di freddo necessarie (per il verde 600-800) con ripercussioni dirette sulla produttività della coltura. Alcune nostre sperimentazioni – ha evidenziato Fontaniello – evidenziano come trattamenti con interruttori di dormienza (Actigem 2 a 40 kg/ha più Idrofloral CaL a 80 L/ha con 600 – 800 L di acqua/ha), diano risultati assolutamente interessanti».
Acqua e radici
Ma sono tante le variabili in gioco quando si parla di qualità e resa di questa coltura e le agrotecniche giocano un ruolo sempre più importante: «agli agricoltori che mi chiedono consigli sull’irrigazione raccomando sempre di ricordare che tipologia di apparato radicale ha l’actinidia, che nei primi 4 anni dall’impianto esplora molto meno suolo di altre colture arboree, come ad esempio il pesco, nelle stesse condizione pedoclimatiche – ha evidenziato Cristos Xiloyannis, docente dell’Università della Basilicata – e per ottenere elevate produzioni, sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo, è necessario assicurare in tutto il volume di suolo esplorato dalle radici un contenuto idrico costante ed adeguato (prossimo alla capacità idrica di campo). Pertanto, l’utilizzo di metodi irrigui localizzati (goccia, subirrigazione) è sconsigliato, in particolar modo nelle aree con elevato deficit idrico ambientale».
Il ruolo fondamentale del calcio
Per quanto concerne la nutrizione, tra le tantissime indicazioni, Xiloyannis ha evidenziato il ruolo del calcio: «raramente si trovano situazioni di carenza di calcio nel suolo ma spesso si verificano carenze di calcio nei frutti. Circa il 70% del calcio che si trova nei frutti all’epoca della raccolta si accumula nella prima fase di crescita del frutto (divisione cellulare) in corrispondenza di un’area fogliare limitata e ancora in crescita (minore competizione con i frutti relativamente all’acqua ed alla luce) e da una certa attività traspiratoria dei frutti. È quindi indispensabile, durante tale periodo, agevolare l’assorbimento e la traslocazione di tale elemento». Buona dotazione di sostanza organica nel suolo e una nutrizione minerale equilibrata, attraverso l’adozione della tecnica della fertirrigazione, sono tra gli aspetti che maggiormente controllano la concentrazione calcica dei frutti.
«Tra le colture più esigenti per l’elemento calcio, il kiwi è tra le più “affamate” – ha evidenziato Francesco Acinapura, Sales support di Cifo – tanto che le asportazioni di questo elemento superano i 200 kg/ha, pari alle esigenze in azoto della pianta. Per integrare efficacemente calcio nei momenti di massimo fabbisogno e per aumentare la qualità e la shelf life dei frutti noi consigliamo Calcisan Green con interventi fogliari a partire da caduta petali alla dose di 3 L/ha.
Per una nutrizione equilibrata e completa dell’actinidia e per incrementare la fertilità biologica del suolo – ha aggiunto Acinapura – proponiamo la linea TOP di Cifo: una linea di prodotti altamente innovativa che garantisce un’efficienza nutrizionale molto elevata a basso impatto ambientale, ed è completamente utilizzabile anche in agricoltura biologica. Le elevate performance della linea TOP, che ne rendono possibile un utilizzo a bassi dosaggi, sono assicurate da un alto contenuto di azoto organico, fosforo e potassio di origine naturale, rilasciati con una cessione modulata e progressiva lungo tutto il ciclo colturale, in base alle esigenze delle piante nelle diverse fasi fenologiche».
Lorenzo Andreotti