Si chiama «Nutrire il vigneto», il progetto che da un paio d’anni EuroChem ha messo in campo in collaborazione con Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi e docente di viticoltura ed enologia presso l’Università della Tuscia di Viterbo.
«Un progetto – come ha spiegato a Corno di Rosazzo (Udine), Massimo Rossini, direttore generale di EuroChem, nel corso di una serata di degustazione, davanti a oltre 150 vignaioli del Friuli VG e del Veneto – che vuole non solo riprendere in mano le buone pratiche della concimazione del vigneto, ma anche dimostrare che l’utilizzo di un concime minerale come Nitrophoska (concimi complessi NPKs), possa migliorare il vino».
La corretta nutrizione delle viti ha sicure ripercussioni sulla qualità dei vini, ha sottolineato Cotarella, nella cui azienda umbra sono state realizzate le sperimentazioni di questi primi due anni di attività del progetto.
E di nutrizione corretta ha parlato anche Attilio Scienza, professore ordinario di Viticoltura della Facoltà di Agraria di Milano: «Lo studio del suolo e degli apparati radicali delle viti – ha detto Scienza – ha ripreso vigore in anni recenti, dopo un lungo periodo di oblio che ha visto prevalere gli studi e le ricerche che riguardavano la chioma. Tra le altre cose che abbiamo evidenziato con le nostre ricerche – ha aggiunto – vi è il fatto che gli apparati radicali delle viti evidenziano chiaramente delle differenze stagionali nell’assorbimento degli elementi minerali e che, gli stessi, sono differenti anche a seconda delle fasi vegetative e dell’età della vigna.
Se è vero − come è vero − che le carenze minerali creano problemi alle piante, è altrettanto vero che la corretta nutrizione, finalizzata al raggiungimento e al mantenimento dell’equilibrio fisiologico, lascia delle tracce sensibili e verificali nelle caratteristiche dei vini. Aggiungere azoto, ad esempio – ha concluso Scienza – non solo produce dei moderati aumenti di resa che non vanno demonizzati, ma anche un aumento della quantità di terpeni e di aromi presenti nel vino. Vi è poi un aumento dell’acidità, del contenuto di potassio e, tutto ciò, fa da contrasto all’invecchiamento precoce, agevolando la longevità dei vini».
Dunque: restituire al terreno ciò che la vite assorbe migliora le performance quali-quantitativa dell’uva e del vino.
Un concetto confermato anche dalla sperimentazione avviata in Umbria da EuroChem (terzo produttore mondiale di fertilizzanti) che ha deciso di sottoporre i suoi primi risultati ai principali tecnici e opinion maker enologici italiani e ai convenuti alla degustazione organizzata in Friuli, in collaborazione con il Consorzio Agrario.
Influenza dei nutrienti sul vino
A Corno di Rosazzo sono stati proposti in assaggio i tre Chardonnay provenienti da altrettante tesi a confronto. Il vigneto sperimentale di Chardonnay, esteso per poco più di un ettaro, è stato diviso in tre particelle uguali tra loro come giacitura del terreno, esposizione e sesto d’impianto.
L’unica variabile tra le particelle è rappresentata dalle differenti nutrizioni. Due particelle sono state trattate con due diverse nutrizioni minerali a base di azoto, fosforo e potassio (Nitrophoska ed Entec, con azoto stabilizzato), mentre la terza è stata lasciata senza alcun tipo di somministrazione (testimone).
L’obiettivo di studio è quello di capire a fondo l’effetto delle concimazioni, non solo sugli aspetti agronomici, ma soprattutto sulla qualità dei mosti e dei vini che ne derivano, sulla fermentescibilità e il quadro aromatico.
La degustazione finale è stata guidata dal sommelier Davide Garofalo di Ais che ha sottolineato le notevoli differenze riscontrabili tra i tre vini sottoposti al test, segno che la concimazione, come ci si aspettava, ha coinvolto non soltanto il terreno, ma anche le viti stesse, l’uva e la qualità finale del vino.
«La strada da percorrere per la conoscenza, è lo studio approfondito di tutto il percorso dei nutrienti dal terreno alla pianta; dall’uva al mosto; dai lieviti al vino» ha chiosato Cotarella.
Adriano Del Fabro