La filosofia «circolare» dei fertilizzanti Grena

La sede di Grena a San Bonifacio (Verona)

Con il termine «rendering» si intende il processo che mira a sfruttare al massimo i sottoprodotti di origine animale trasformandoli e valorizzandoli in nuovi prodotti. «È il concetto base dell’economia circolare, riciclare materiale che altrimenti andrebbe sprecato, significa impattare positivamente sull’ambiente».
A dirlo a L’Informatore Agrario è Matilde Magagna, tecnico commerciale di Grena, storica realtà specializzata nella produzione di concimi organici, organo-minerali e biostimolanti a base di amminoacidi e poliammine, con sede a San Bonifacio (Verona).

Processi produttivi ad alta tecnologia

«La sostanza organica dei prodotti Grena è di origine animale selezionata – evidenzia Magagna – e viene valorizzata nei nostri impianti tramite il processo produttivo THP®, ovvero l’idrolisi termica umida».
Alla sostanza organica animale (scarti di macellazione avicoli, ittici e setole di maiale) viene effettuato un trattamento termico in autoclavi con vapore indiretto per la cottura. Durante questo processo, l’idrolisi delle proteine libera amminoacidi, che poi andranno ad aggregarsi formando peptidi e gruppi carbossilici nei prodotti finali. L’umidità del materiale in cottura evapora e grazie al mantenimento in depressione delle macchine si ottiene la condensazione dei vapori che produce un distillato liquido ricco di poliammine.

Autoclavi per la lavorazione della materia prima

«Da questo processo otteniamo da una parte la farina di piuma, la farina di setole e il Grena Matrix, ovvero le basi di tutti i nostri prodotti solidi, e dall’altra Idrogrena, cioè la base di tutti i nostri prodotti liquidi, tra cui due biostimolanti – continua Magagna.
Nei prodotti solidi ritroviamo alte concentrazioni di amminoacidi, molecole organiche che sono i componenti fondamentali per la crescita e lo sviluppo equilibrato di tutti gli esseri viventi, compreso il mondo vegetale, mentre nei liquidi il processo dell’idrolisi in autoclave rompe il legame peptidico degli amminoacidi liberando le ammine, le quali in fase di distillazione (o condensazione) si ricombinano, in poliammine organiche, minuscole molecole molto performanti, antistress d’eccellenza».
Le poliammine hanno una potente attività biostimolante, intervengono in diverse fasi di crescita e sviluppo delle piante: durante la divisione cellulare; quindi, quando la pianta è in fase di attiva crescita e sta formando nuovi organi; in fase di post-allegagione, in quanto le cellule devono far sì che il frutto si accresca; durante le fasi di stress abiotico (stress termici, carenze idriche e salinità).

Investimenti in sostenibilità ambientale

Sul fronte dell’impatto ambientale dell’intero processo produttivo dello stabilimento Magagna sgombra il campo da ogni dubbio: «abbiamo investito in tecnologie innovative per ridurre al minimo le emissioni odorose e inquinanti dei nostri impianti. Gli ossidi di azoto e le loro miscele provenienti dai trattamenti termici vengono veicolati al combustore RTO, un “distruttore di odori” che funziona più o meno come il filtro antiparticolato delle auto. Inoltre, utilizziamo dei biofiltri a cippato che depurano l’aria in uscita dai nostri reparti di lavorazione, abbattendo gli odori in modo naturale e senza ricorrere a sostanze chimiche dannose per l’ambiente».

Da sinistra: Sebastiano Magagna, responsabile della produzione; Mattia Burato, responsabile amministrazione; Gianmarco Cervato, tecnico agronomico; Matilde Magagna, tecnico commerciale; Elia Bellamoli, responsabile tecnico agronomico.

Anche l’acqua in uscita dallo stabilimento subisce diversi processi di depurazione: «Grena possiede un depuratore di acque che include una vasca di nitrificazione, tre vasche di ossidazione e tre sedimentatori. Questo tipo di impianto abbatte e rimuove in particolare l’eccesso di azoto (ammoniaca) tramite un processo di nitrificazione. In più – conclude Magagna – utilizziamo la fitodepurazione per trattare tutte le acque provenienti dallo step finale del depuratore, al fine di migliorare ulteriormente la qualità dell’acqua.
Le piante acquatiche, come il canneto, i giunchi o le piante palustri filtrano e trattano l’acqua in uscita con i loro sistemi radicali. I microrganismi presenti nelle radici delle piante aiutano a degradare i composti inquinanti, ovvero i nutrienti in eccesso come l’azoto ed i metalli pesanti».

Lorenzo Andreotti