Il Grana Padano si conferma il prodotto dop (denominazione d’origine protetta) più consumato al mondo e continua a crescere. Nel 2019 sono state prodotte 5.182.585 forme con un incremento, stimato per fine anno, pari al 5,06% (149.297 forme in più). L’export, con oltre 2 milioni di forme, rappresenta il 41% del prodotto marchiato e fa registrare un +5,24% sul 2018. La Germania si conferma primo mercato estero con un totale previsto di ben 517.000 forme.
Sono i dati di successo emersi dall’Assemblea generare del Consorzio di tutela del Grana Padano tenutasi il 18 dicembre a Castelnuovo del Garda (Verona).
«Una crescita che assume un significato ancora più forte se pensiamo che negli ultimi dieci anni il trend positivo ha superato il 22,5%, pari a un incremento del 2% annuo» ha dichiarato Nicola Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio Tutela Grana Padano. «Tutto questo – ha proseguito Baldrighi – acquisisce ancor più valore se teniamo conto del contesto in cui il risultato è stato raggiunto. Da una parte il periodo di crisi generalizzata, in ogni settore, e dall’altra decisioni internazionali, prime fra tutti quelle dei dazi, che per un prodotto come il nostro sono oltremodo penalizzanti. Se aggiungiamo a tutto questo anche la confusione che il consumatore si trova ad affrontare quando deve acquistare, a causa della mancanza di informazioni chiare sia nei punti vendita sia nei menù della ristorazione, è facile capire come sia complesso per noi e il nostro sistema operare scelte imprenditoriali guardando al futuro con serenità».
«Lo abbiamo detto in Europa e voglio ribadirlo nuovamente qui oggi – tuona il ministro delle politiche agricole Teresa Bellanova – non possiamo essere vittime di algoritmi nazionali. Come si può pensare che vicino al marchio dop europeo sul Grana Padano si possa trovare il nutriscore con il semaforo arancione o rosso. È inaccettabile.
Vogliamo tutela piena e stiamo lavorando per un’alternativa come il sistema a batteria che tiene in considerazione il fabbisogno quotidiano e non demonizza i singoli ingredienti. Se siamo il secondo Paese al mondo per longevità dopo il Giappone, è anche frutto della nostra dieta. E allora su cosa mettere in etichetta credo dovremmo essere ascoltati. Per questo è necessaria anche in Italia una vera alleanza con i consumatori. Oggi, ribadendo un concetto per noi determinante, si è detto che chi compra vuole sapere cosa mette nel suo piatto e prima ancora nel suo carrello. Vuole fare scelte consapevoli. Rivendica il diritto di essere informato. E di potersi orientare nel migliore dei modi. Quindi anche sugli scaffali serve chiarezza. È importante lavorare in questa direzione. La grande distribuzione svolge un ruolo centrale sia per i produttori che per i consumatori e noi abbiamo bisogno di far dialogare tutte le parti con trasparenza. Servono spazi dedicati ai nostri marchi geografici, serve una valorizzazione anche in termine di presentazione del prodotto».
«Ci fa molto piacere ascoltare queste parole del ministro Bellanova perché sono perfettamente in linea con quanto, da sempre, chiediamo alle istituzioni, sia italiane che comunitarie», ha sostenuto il direttore generale del Consorzio, Stefano Berni. La proposta avanzata dal Consorzio è chiara e puntuale: «Sugli scaffali della Grande Distribuzione – ha proseguito Berni – i prodotti a denominazione di origine dovrebbero essere sempre separati in modo netto e inequivocabile dai rispettivi ‘similari’, così come nei ‘menù’ dei ristoranti dovrebbe essere indicato in maniera ben evidente se vengono utilizzati prodotti a denominazione di origine oppure omologhi. Da alcune ricerche commissionate dal Consorzio sulle tendenze dei consumi, risulta che ben 2 consumatori su 3 sono disposti a spendere qualcosa in più pur di avere informazioni certe su ciò che acquistano».